La Nuova Sardegna

Sanità sarda sotto accusa: «Mia madre ha un cancro: per la tac 7 mesi di attesa»

di Silvia Sanna
Sanità sarda sotto accusa: «Mia madre ha un cancro: per la tac 7 mesi di attesa»

Cristina Goddi, di Torpé, mette a nudo i disservizi del sistema isolano: «A Nuoro è stata data per morta, a Milano l’hanno salvata ma ora è un calvario»

15 settembre 2017
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SASSARI. È la storia di una madre e di una figlia e di un amore immenso. È Cristina Goddi, 34 anni, a raccontarlo. La madre non può, perché parla a fatica dopo l’intervento chirurgico affrontato a Milano poco più di un mese fa. Maria Carroni, 60 anni, è quasi morta e risorta tra luglio e agosto. Ha un cancro al polmone al IV stadio metastatico: «All’ospedale San Francesco di Nuoro ci avevano detto che non c’era ormai altro da fare che rassegnarsi e passare alle cure palliative». Ma Cristina ha detto no, ha pensato che un’altra possibilità per sua madre doveva esserci. E bisognava cercarla. Ha contattato un neurochirurgo di fama internazionale che lavora all’istituto neurologico Besta di Milano: «Mi ha detto che nulla era perduto, nonostante il tempo trascorso da quando era comparsa una metastasi cerebrale e tutto il cortisone assunto. L’intervento era fattibilissimo, allora siamo partite». Da Torpé a Milano, per riprendersi la vita.

Ritorno da incubo. Maria Carroni viene operata con successo. «Ma poi, con il ritorno in Sardegna, si apre il baratro». Quello di Cristina è un racconto-denuncia, dal quale viene fuori il quadro impietoso di una sanità ostaggio della burocrazia, incapace di dare risposte in tempi rapidi, che a volte resta addirittura muta e «lascia le famiglie da sole». Al rientro da Milano, si sapeva che Maria avrebbe avuto bisogno di ossigeno per la terapia domiciliare: «Per questo i medici di Milano hanno contattato i colleghi nuoresi garantendo la spedizione via mail di tutta la documentazione necessaria. Niente da fare. Da Nuoro hanno risposto che per prescrivere l’ossigenoterapia avrebbero dovuto visitare mia madre». È finita con una attesa di ore al pronto soccorso dell’ospedale di Nuoro «con mia madre buttata su una barella, lei, soggetto immunodepresso. Sino a quando alle 5 del mattino le hanno assegnato un letto, ma indovini dove? Nel reparto di malattie infettive. Non ci ho visto più, ho dovuto litigare con un altro medico per farla spostare». Maria ha trascorso la notte (ormai erano le 5.30) in un reparto maschile. «Ma il paradosso è che il giorno dopo i medici le hanno rilasciato la prescrizione per l’ossigeno terapia senza neanche visitarla».

Il calvario per gli esami. Maria Carroni ha subito un intervento delicatissimo, per questo il suo quadro clinico deve essere monitorato regolarmente. «A Milano le hanno prescritto una risonanza magnetica del cervello da fare a un mese dall’intervento, il Cup regionale mi ha detto che c’era disponibilità a partire da maggio 2018. Però si poteva fare intramoenia, in questo caso il posto si trovava subito. Come è possibile? E perché l’esame in intramoenia costa di più (300 euro) rispetto al privato (172)? E perché per fare una Tac total body il Cup mi dice che devo aspettare aprile 2018? Dove è finito il diritto alla salute?»

Famiglie abbandonate. Nel suo racconto-denuncia, che Cristina Goddi ha inviato anche al ministero della Salute, al governatore Pigliaru e al manager dell’Ats Fulvio Moirano, sottolinea la solitudine delle famiglie. «L’assistenza domiciliare integrata non funziona e accedere ai fondi della legge 162 è impossibile: bisogna aspettare che esca il bando, come se le malattie seguissero i tempi della burocrazia». Il sostegno economico di cui usufruisce è 270 euro per l’invalidità e 500 euro per l’accompagnamento. Chiaro che in queste condizioni Cristina non può permettersi di assumere una badante che assista la madre h24. Per questo deve fare da sola. Figlia unica, sua madre è tutta la sua famiglia da quando aveva 16 anni e il papà è morto. Ha uno zio materno che l’aiuta, soprattutto la notte, e un marito sposato un anno fa: «Mi avevano detto che a mia madre restava poco tempo. Allora abbiamo anticipato il matrimonio, perché lei non poteva mancare». Ma Cristina non sa neppure cosa sia la vita matrimoniale, perché la sua esistenza scorre accanto alla madre. Aveva un lavoro, da due anni è in congedo per assisterla. Ma fra due mesi deve rientrare, altrimenti sarà licenziata. La sua vita è a un bivio. Chiede aiuto, per salvare la madre e anche se stessa.



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