La Nuova Sardegna

Brevettata l’acqua di mare sarda: ottima per cucinare

di Salvatore Santoni
Brevettata l’acqua di mare sarda: ottima per cucinare

“Marentìa”, il progetto di Leopoldo Casti di San Sperate Tutto pronto, manca solo l’autorizzazione all’estrazione

19 settembre 2017
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SAN SPERATE. C’è un impiantista di San Sperate che ha deciso di cambiare lavoro. Si chiama Leopoldo Casti, ha 46 anni e vorrebbe vendere bottiglie d’acqua da utilizzare in cucina. Acqua salata, aspirata e filtrata dal mare più conosciuto, invidiato e pulito del mondo: quello della Sardegna. L’imprenditore ha da poco fondato un’azienda innovativa, che si è già assicurata un brevetto internazionale, e ha registrato il marchio Marentìa. Ora mancano le autorizzazioni per prelevare l’acqua e gli impianti potranno entrare in produzione.

L’idea. Come spesso capita, l’idea è nata per caso. «Ho visto in tv la pubblicità di alcune soluzioni saline utilizzate per la cura del corpo – racconta l’imprenditore – dove si mette in grande risalto l’acqua cristallina che viene aspirata dal parco nazionale delle Cinque terre. Conosco bene quella zona e ho pensato che il mare splendido ce l’abbiamo anche noi». A quel punto Leopoldo Casti ha cominciato a documentarsi per capire quali altri utilizzi avesse l’acqua di mare. «C’è un mondo parallelo che la sfrutta per vari scopi – precisa – e uno di questi è la preparazione di piatti in cucina: ormai è una moda». Per prima cosa si è rivolto a uno studio legale per valutare la fattibilità dell’investimento e per capire come e a chi chiedere le autorizzazioni per l’estrazione dell’acqua dal mare. «Gli avvocati mi hanno detto che si può fare – riprende – e siamo andati avanti commissionando un’indagine conoscitiva sul mercato potenziale, su come creare il prodotto e quindi depurare l’acqua per garantire l’uso alimentare».

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L’estrazione. Esistono vari metodi di estrazione dell’acqua di mare. Si parte dal semplice tubo calato in mare vicino alla costa, con un’autocisterna per uso alimentare parcheggiata sulla terra ferma. Oppure si possono sfruttare le prese a mare pubbliche o private già presenti che vengono utilizzate per altri scopi, tipo gli impianti termali. «Abbiamo già individuato dei punti da dove vorremmo estrarre l’acqua – dice ancora l’imprenditore – ma posso soltanto dire che ne per ovvi motivi si trovano vicino agli impianti, e quindi nel Cagliaritano».

Marchio e brevetto. Con la sua nuova azienda, la Abba Blu Srl, l’imprenditore ha depositato due brevetti, uno per utilità e l’altro per invenzione industriale. Il primo è già operativo; il secondo invece è ancora al vaglio dell’organismo internazionale per la verifica. A quel punto ha depositato anche il marchio: Marentìa, mutuato dal latino, che si traduce essenza di mare.

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Lo scoglio. Lo stabilimento è a San Sperate ma non è ancora operativo. «Abbiamo già presentato la documentazione per l’inizio attività e sta nascendo qualche problema – racconta Leopoldo Casti –. In pratica in Italia non esiste una legge che permette di imbottigliare e vendere l’acqua di mare. Stiamo aspettando una risposta dall’Istituto superiore della sanità ma credo che andrà tutto per il verso giusto».

Il mercato. Il mercato di riferimento è la Spagna, dove operano alcune tra le poche aziende europee. Marentìa sarebbe quindi la prima nell’isola. «Hanno tutti lo stesso target: bottiglia in plastica e bidoncino – dice l’imprenditore –. Noi invece stiamo puntando al segmento gourmet. E quindi bottiglie in vetro molto particolari, roba di classe. La commercializzazione in Sardegna sarà difficile – aggiunge – i mercati di riferimento saranno le grosse città estere dove l’acqua di mare è molto utilizzata dagli chef, stellati e non. Abbiamo in mente vari prodotti e dai contatti che abbiamo già preso posso dire che stiamo parlando di un mercato fertile». Per far partire l’azienda sono sufficienti tre persone più un ufficio amministrativo. Significa che i costi di gestione non sono esagerati. E i ricavi? «Secondo le nostre stime, il giro d’affari iniziale potrebbe aggirarsi intorno torno a 500mila euro annui».


 

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