La Nuova Sardegna

Morta la donna di Torpè che denunciò la cattiva sanità

di Silvia Sanna
Morta la donna di Torpè che denunciò la cattiva sanità

La figlia di Maria Carroni, malata di cancro: sino all’ultimo è stata abbandonata

22 settembre 2017
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SASSARI. «Sino all’ultimo si è sentita abbandonata, aveva dolori lancinanti all’addome e chiedeva aiuto ai medici. A un certo punto, stremata, mi ha pregato di riportarla a casa perché stare lì le sembrava inutile». Ma Cristina non si è mossa, è rimasta al pronto soccorso dell’ospedale San Francesco di Nuoro perché ha capito che la situazione per sua madre era molto grave. «Ho cercato di spiegarlo ai due medici presenti, ho insistito perché la visitassero. E in tutta risposta una dottoressa ha minacciato di denunciarmi per interruzione di pubblico servizio». Maria Carroni, 60 anni, la madre di Cristina Goddi, è morta il giorno dopo, lunedì 18 settembre alle 15.40 in un letto del reparto di Medicina dell’ospedale di Nuoro. Era arrivata lì in ambulanza dalla sua casa di Torpè. Se anche fosse stata visitata prima probabilmente non sarebbe cambiato nulla, perché Maria aveva un cancro al polmone al IV stadio metastatico e poco meno di un mese fa i medici del Besta di Milano l’avevano strappata alla morte. Ma quanto accaduto domenica sera, dice Cristina Goddi, è la nuova conferma di un sistema sanitario che non funziona, ingolfato da «burocrazia, incompetenza e mancanza di volontà». Un sistema che Cristina aveva denunciato appena pochi giorni fa, con una lettera lunga e articolata nella quale raccontava il calvario della madre e di riflesso anche il suo, perché negli ultimi tre anni lei e Maria sono state una cosa sola.

Codice giallo. Sua madre è morta da tre giorni e dalle parole di Cristina emerge un dolore enorme misto a rabbia e frustrazione. Perché quanto accaduto domenica sera rappresenta per lei l’ennesima beffa, l’ennesima situazione incomprensibile. Maria si è sentita male domenica sera. Cristina, come sempre con lei, ha capito che non c’era tempo da perdere. Lei e il marito hanno chiamato il 118 «e a mia madre è stato assegnato il codice giallo. Non rosso – cioè di massima gravità - ma giallo: ho discusso invano con la dottoressa ma è stato inutile. Nonostante la storia clinica di mia madre è rimasto il codice giallo». A bordo dell’ambulanza del 118 Maria Carroni è arrivata al pronto soccorso dell’ospedale San Francesco di Nuoro. «I dolori all’addome erano sempre più forti ma ha dovuto aspettare due ore e mezza per essere visitata. Se le fosse stato assegnato il codice rosso sarebbe passat subito. Anche lì discussioni con i medici, ma è stato inutile. Dopo la visita mia madre è stata ricoverata in Medicina». La sua ultima notte: è morta il giorno dopo, lunedì, alle 15.40.

Sotto accusa. Da anni Cristina sapeva che la vita della madre era appesa a un filo. Soprattutto da quando, a causa di una sopraggiunta metastasi cerebrale, al San Francesco di Nuoro le avevano detto che non c’era più nulla da fare se non rassegnarsi e passare alle cure palliative. La ragazza però non si era arresa e si era rivolta a un neurochirurgo che lavora all’Istituto Neurologico Besta di Milano. Maria il 3 agosto era stata operata con successo. Al rientro nell’isola erano iniziati i problemi, raccontati da Cristina nella lettera-denuncia inviata oltre che ai dirigenti dell’Ats anche al ministro della Sanità, al governatore Pigliaru e all’assessore regionale alla Sanità Luigi Arru. Dalle difficoltà a ottenere l’ossigenoterapia «prescritta dai medici di Milano alle beffa di dover aspettare 7 mesi per fare una Tac». Sino a domenica sera. «Anche nelle sue ultime ore di vita mia madre e io abbiamo dovuto combattere per avere assistenza – dice Cristina – per colpa di un sistema sanitario che invece di alleviare le sofferenze ne aggiunge altre, a loro e alle famiglie».

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