La Nuova Sardegna

Agrumicoltori in difficoltà prezzi bassi per le arance

di Claudio Zoccheddu
Agrumicoltori in difficoltà prezzi bassi per le arance

Da Milis prodotti di qualità conosciuti in tutta l’isola. Ma i coltivatori faticano Desogus (Agrumilis): «Serve un marchio che identifichi la nostra zona» 

24 settembre 2017
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MILIS. Non solo Sicilia. La terra delle arance è anche in Sardegna, dove alcune aree geografiche producono agrumi di altissima qualità che potrebbero competere tranquillamente con i frutti del meridione italiano. Milis, e il suo circondario, è sicuramente l’area di produzione più conosciuta ma anche Muravera, Serdiana e Villacidro hanno una storia che profuma di fiori d’arancio. Nel paese del vino novello, infatti, c’è una tradizione molto più datata della sagra che mette in mostra le prime macerazioni dell’enologia sarda. Le arance di Milis sono il frutto di un mix di fattori distribuiti nelle giuste dosi: la proverbiale abilità nel commercio dei milesi e le terre particolarmente adatte a questo tipo di coltivazione. La conferma arriva dai titolari di Argumilis, l’azienda dei fratelli Desogus che produce e distribuisce arance da oltre cinquant’anni.

Il commercio. Negli ultimi tempi però il mercato è cambiato. Non è più sufficiente declinare le generalità delle arance per ottenere il favore dei consumatori: «Vendiamo le nostre arance solo perché sono ottime – spiega Andrea Desogus – e perché si può dire che il nostro rapporto con i clienti è diretto, praticamente dal produttore al consumatore». Competere in un mercato in cui la qualità viene sacrificata a favore della quantità è complicato: «I prezzi di vendita sono bassi per le spese che dobbiamo sostenere per ottenere prodotti soddisfacenti dal punto di vista qualitativo. Acquistare medicine e concimi ha un costo elevatissimo che facciamo fatica ad ammortizzare». La dimostrazione arriva dai prezzi che i produttori ottengono quando si rivolgono ai grossisti della grande distribuzione: «Parlando dei prodotti più conosciuti – aggiunge il titolare dell’azienda di Milis – vendiamo le clementine a 60 centesimi al chilo, stesso prezzo per le arance di cui però facciamo solo un taglio a differenza delle clementine che si possono raccogliere due o tre volte. Nonostante i prezzi molto bassi, riusciamo a mantenete otto operai regolarmente assicurati».

La produzione. Le dimensioni dell’azienda che si dedica alla raccolta e alla commercializzazione delle arance, invece, non devono trarre in inganno: «Lavoriamo su 35 ettari ma la nostra è una delle aziende più grandi», aggiunge ancora Desogus. Sul perché proprio Milis, e il suo circondario compreso tra Zerfaliu e Solarussa, sia una delle zone più adatte alla coltivazione degli agrumi la risposta è semplice: «Sfruttiamo un terreno perfetto – conferma Andrea Desogus –. Tanto per iniziare nel sottosuolo di questa zona c’è una scarsa concentrazione di pietre, sono davvero pochissime. Poi si tratta di terra con la giusta percentuale di sabbia che impedisce il ristagno dell’acqua. E proprio l’acqua è un altro elemento fondamentale che per fortuna non manca grazie alla vicinanza con il Tirso. L’ultimo fattore, ma di centro non il meno importante, è l’attitudine al commercio tipica del nostro paese. Milis è sempre stato un paese di ottimi venditori».

Il marchio. Eppure trovare un filo conduttore e una linea comune è un’impresa anche da queste parti, non solo nel resto dell’isola. Perché per rendere riconoscibile la produzione degli agrumeti dell’oristanese sarebbe necessario un “cartello” dei produttori. Un’idea che purtroppo non ha fatto presa negli ambienti dell’agricoltura nemmeno quando, qualche anno fa, aveva esordito la cooperativa degli agrumicoltori: «Che però è fallita proprio perché il conferimento dei produttori non era sufficiente a garantire le fornitura – conclude Andrea Desogus prima riproporre una possibilità che evidentemente non è ancora tramontata –. Serve un marchio che possa valorizzare la nostra produzione, che ci renda riconoscibili in tutta la Sardegna anche perché capita di vedere arance importare dalla Spagna che vengono vendute come se fossero nostre e questo è un danno per noi ma anche per i nostri colleghi. Adesso pare che il Comune di Milis si sia attivato per fare qualcosa in questo senso. Vedremo».

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