La Nuova Sardegna

I comuni ribelli perdono finiranno dentro Abbanoa

I comuni ribelli perdono finiranno dentro Abbanoa

L’Egas, l’ente che gestisce l’acqua, non ha dubbi: non possono restare autonomi Ma il braccio di ferro adesso rischia di arrivare in consiglio regionale

25 settembre 2017
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SASSARI. Le enclave idriche stanno per venire prosciugate. I 29 Comuni rimasti fuori da Abbanoa dovranno entrare nel gestore unico. A deciderlo è l’Egas, l’Ente di governo dell’ambito della Sardegna. La delibera non lascia molto margine. I sindaci dovranno adeguarsi e aderire al gestore unico. Almeno questo lo hanno stabilito i primi cittadini che fanno parte dell’Egas, guidato dal sindaco di Sassari Nicola Sanna.

Scatole cinesi. Il sistema di gestione dell’acqua è un po’ complicato. A decidere il costo dell’acqua, chi deve fare parte di Abbanoa, oneri e regole generali è l’Egas. Abbanoa in realtà è la società che si è aggiudicata la gestione dell’acqua dall’Egas. È in altre parole l’ente sovraordinato, Egas, a dare gli input a quello che sta sotto, Abbanoa, che si limita ad applicare le direttive. Ecco perché la decisione dell’Egas è fondamentale.

La delibera. La delibera dell’Egas è perentoria. «Dichiara concluso con esito negativo per la evidente mancanza di requisiti il procedimento di riconoscimento delle 29 gestioni autonome dei Comuni». Nella stessa delibera è stato deciso che l’Egas predisponga «gli atti necessari al definitivo trasferimento della gestione del sistema idrico integrato dei Comuni alla società Abbanoa».

Nella delibera viene spiegato che la richiesta dei comuni non può essere accolta, tra le altre cose, perché la gestione autonoma non viene esercitata attraverso una società in house del Comune, condizione indispensabile per avere la deroga. Tra le altre cose che hanno fatto decidere l’Egas è l’assenza di un parere dell’Anci, richiesto dall’Ente, che doveva arrivare entro il 13 settembre.

I ribelli. I Comuni che non hanno aderito ad Abbanoa sono: Aggius, Anela, Arzana, Bessude, Bonarcado, Bottidda, Bultei, Burcei, Burgos, Cheremule, Domusnovas, Esporlatu, Fluminimaggiore, Lotzorai, Modolo, Nuxis, Olzai, Paulilatino, Perfugas, San Vero Milis, Sant'Anna Arresi, Santu Lussurgiu, Serramanna, Seui, Siligo, Sinnai, Teulada e Villagrande Strisaili, Capoterra, Gadoni, Tertenia e Ulassai, Villasimius.

La lotta. I Comuni sostengono di essere autonomi. In grado di gestire in piena autonomia l’erogazione dell’acqua. Per questo hanno chiesto di non fare parte di Abbanoa. Anche se in realtà la depurazione delle acque viene fatta da Abbanoa. E il gigante dei rubinetti ha spiegato che in almeno 13 Comuni l’acqua non viene “prodotta” in modo autonomo, ma viene portata fino alla bocca del serbatoio da Abbanoa. In altre parole i Comuni farebbero fare una sorta di ultimo miglio all’acqua. Si preoccuperebbero della distribuzione all’interno delle mura, ma non avrebbero fonti autonome.

Posizione che viene contestata dai 29 Comuni ribelli che chiedono la possibilità di gestire il servizio in modo autonomo. E sfoggiano a loro vantaggio bollette più basse di quelle che vengono imposte da Abbanoa. La battaglia rischia di diventare anche politica. Anche perché i piccoli centri ora vogliono rivolgersi al Tar contro la decisione dell’Egas e alcuni consiglieri regionali sono pronti a portare il caso in aula.

Anche perché in Regione c’è una corrente trasversale, che sembra conquistare nuovi consiglieri, che vorrebbe riorganizzare tutta la gestione. Il vicecapogruppo del Pd in Consiglio, Roberto Deriu porta avanti una proposta. «Una ridefinizione degli ambiti di governo del sistema idrico regionale, che serva un bacino massimo di 500 mila persone» spiega Deriu. Il consigliere è fondatore dell'associazione "Democrazia sull'acqua", che lancia un appello a sindaci e cittadini per appoggiare e promuovere referendum comunali per una rimodulazione degli ambiti di governo. Il futuro di Abbanoa diventa sempre più liquido. Da una parte la società scopre di essere un colosso. È al quindicesimo posto in Italia per fatturato tra le aziende pubbliche, con 69 milioni di euro. Ma sul suo futuro pesano diverse incognite. Entro il 2018 la Regione dovrà scendere nel capitale al 49 per cento. Dovranno salire le quote dei Comuni. (l.roj)

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