La Nuova Sardegna

Comuni e consiglieri tutti contro Abbanoa

Comuni e consiglieri tutti contro Abbanoa

Non solo i 29 sindaci che si rifiutano di entrare nella spa che gestisce l’acqua C’è anche un’interrogazione contro l’ipotesi che la società emetta bond

10 ottobre 2017
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SASSARI. La guerra per l’indipendenza idrica non ci sarà. Almeno non sarà alimentata da Abbanoa, che per ora decide di non entrare in conflitto con i 29 Comuni che chiedono di uscire dalla società. Ma forse questo inizia a essere l’ultimo dei pensieri dei vertici del gigante dell’acqua, attorno a cui si fa sempre più terra bruciata. Assediata dai sindaci in rivolta, contestata dai consiglieri regionali, messa in discussione dai cittadini che promuovono referendum per far staccare i comuni dai rubinetti di Abbanoa.

L’amministratore unico Alessandro Ramazzotti è chiaro: «Non facciamo nessun tipo di commento sul rifiuto dei 29 Comuni di entrare in Abbanoa. Né abbiamo nulla da dire su chi promuove referendum per andare via». Ramazzotti ha dalla sua la legge che rende impossibile uscire da Abbanoa, anche con un referendum. E anche le speranze dei 29 Comuni di evitare l’ingresso nel gigante idrico sono molto basse. La legge prevede che per vivere in modo autonomo i Comuni debbano avere fonti idriche proprie su aree comunali e una società in house che gestisca il servizio. Ad avere questi requisiti in tutta la Sardegna ci sono solo tre centri: Domusnovas, Sinnai e Siligo. Per tutti gli altri l’insuccesso della rivolta sembra quasi inevitabile.

Consiglieri contro. Ma non c’è solo il fronte dei sindaci. Abbanoa è contestata anche da alcuni consiglieri regionali. Nel mirino è finita l’ultima operazione del gestore unico. Tanto da mobilitare una pattuglia di consiglieri di maggioranza. Il primo a firmare l’interrogazione è Roberto Deriu, che sul concetto di “democrazia dell’acqua” ha aperto un laboratorio di idee e confronto. La contestazione è sulla possibilità che Abbanoa si è data di emettere bond per reperire risorse.

L’interrogazione. Il testo è firmato anche da Salvatore Demontis, Daniela Forma, Luigi Lotto, Walter Piscedda, Francesco Agus, Anna Maria Busia, Piero Comandini, Alessandro Collu, Rossella Pinna. Nell’interrogazione si contesta la possibilità che Abbanoa possa emettere un prestito obbligazionario, visto che deve avere un capitale pubblico al 100 per cento, almeno secondo i consiglieri regionali. Perché Ramazzotti ha una visione del tutto opposta. «Non entro nelle scelte dei consiglieri – dice –, non è il mio ruolo. Ma vorrei spiegare alcune cose. Abbanoa da tempo ha iniziato un percorso per ricercare un rating advisor. Abbiamo presentato un bando per capire chi scegliere tra Fitch, Moody’s e Standard and poor’s. Di solito un società che solo un paio di anni fa era sull’orlo del fallimento e ora cerca di farsi certificare farebbe scattare gli applausi. Qua invece sento una forte contestazione. Abbiamo iniziato a fare una ricognizione nel mercato di capitali per verificare se ci sono le condizioni per rivolgerci al mercato. È un progetto che porteremo all’assemblea dei soci. Saranno loro a decidere. Ma questa opzione è già scritta nel piano europeo di ristrutturazione di Abbanoa. Una parte dei capitali devono essere pubblici, e una parte li deve dare il mercato. Si è parlato di 180 milioni. 120 servono per consolidare il debito, gli altri 60 sono di nuova finanza. Da tempo esistono gli idrobond, e tutte le grandi società da sempre si rivolgono al mercato. Ma ripeto, questa è una opzione da rivolgere all’assemblea».

Per ora Abbanoa deve cercare di superare più che l’incertezza nei conti, lo scarso consenso che ha creato intorno a sé, sia nell’opinione pubblica, sia nella politica. Una missione quasi impossibile per Alessandro Ramazzotti. (l.roj)

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