La Nuova Sardegna

Giuseppe Garibaldi: «Nessun politico di oggi ha il carisma di bisnonno»

di Serena Lullia
Giuseppe Garibaldi
Giuseppe Garibaldi

Il pronipote dell’eroe dei due mondi racconta il suo rapporto con la Sardegna. «Mi sento maddalenino e sto prendendo la residenza in questa isola unica»

11 ottobre 2017
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CAPRERA. Giuseppe Garibaldi prende casa alla Maddalena, nell’isola che fece innamorare il bisnonno di cui con orgoglio porta il nome. Il pronipote del Generale prepara i documenti per diventare cittadino isolano anche se si sente maddalenino da sempre. Responsabile per anni della comunicazione e delle relazioni istituzionali dell’Eni, da quest’anno ha deciso di dedicarsi in modo completo a Caprera. E a far conoscere al mondo l’altro Garibaldi, l’uomo innamorato della natura e degli animali, l’umile zappatore della terra arida di Caprera, il geniale agricoltore che tra i graniti su cui si arrampicavano solo le capre realizzò una azienda agricola di 21 ettari. Natura, storia ed emozioni si intrecciano nei racconti di Giuseppe Garibaldi. Come presidente dell’Istituto di studi internazionali Garibaldi e conservatore onorario del compendio di Caprera conosce ogni aspetto della vita del bisnonno. Non solo le battaglie e i valori, ma anche gli aspetti più nascosti, più intimi che emergono dalle tante pagine scritte dal Generale. Figlio di Ezio, uno dei 13 figli di Ricciotti, Giuseppe Garibaldi si fa ambasciatore per il mondo degli ideali e dei principi che resero un mito il bisnonno. Con una attenzione particolare al Garibaldi agricoltore. Perché è proprio tra un colpo di zappa e l’altro che Garibaldi pianificava le sue battaglie.

Cosa rappresentano per lei Caprera e La Maddalena?

«Fanno parte della mia vita e della mia storia. Sono arrivato qui quando ero piccolo, venivo a trovare zia Clelia, e come tutti mi sono innamorato e inserito nell’ambiente naturale di Caprera, oltre che in quello familiare, per conoscere la figura del bisnonno e capire chi fosse. Ed è proprio l’ambiente che qui è un incredibile forziere di pietre preziose, che ho cercato di valorizzare in tutti questi anni. Mi sembra ingiusto che una terra del genere non sia rispettata e valorizzata come merita».

Ha mai pensato di trasferirsi alla Maddalena?

«Io mi sento maddalenino da sempre, ma a breve prenderò la residenza qui e comprerò casa».

Negli ultimi anni, grazie anche al suo forte impulso, si sta valorizzando un aspetto di Garibaldi meno noto, quello dell’agricoltore. L’ultima iniziativa realizzata al compendio di Caprera ha visto la riproposizione dei cibi a lui cari. Un progetto che può essere utile anche in chiave turistica?

«È proprio questo uno dei motivi per cui è nato e propongo il Garibaldi agricoltore, un aspetto della vita del bisnonno che consente di aumentare la fruibilità turistica di Caprera. Il vacanziere molto spesso, in particolare quello straniero, apprezza una passeggiata nella natura ancora di più se c’è un pezzo di storia. Nel momento in cui riusciremo a ripristinare le essenze di una volta, quello che fu piantato allora e ricreeremo i suoi orti si potranno raccontare tante cose. Tutte vere perché a Caprera sono state scritte pagine di storia. Grazie a questa iniziativa potenzieremo l’offerta turistica e la fruibilità del territorio, rendendo noti aspetti che altrimenti resterebbero sconosciuti. Perché è da qui, che tra una zappata e l’altra il bisnonno partì per la spedizione dei Mille. Qui scrisse la lettera a Bismark per l’arbitrato internazionale, le Nazioni unite di oggi. E sempre qui, al rientro dalla spedizione dei Mille gli venne in mente di scrivere alle potenze europee invitandole ad abbattere i confini, a smettere di spendere soldi in eserciti per creare invece una unica Europa politica forte. E ce la saremmo augurata davvero oggi. Da qui sono nate grandi idee e questo mi ha convinto che mettere le mani nella terra, sia per i grandi uomini che per i bambini, ha un significato profondo. Dà forse il tempo per riflettere».

Garibaldi aveva un rapporto di profondo rispetto per la natura. Si è aperto di nuovo il dibattito sulla legge urbanistica. Secondo lei la Sardegna ha bisogno di altro cemento?

«Non mi farei nemmeno questa domanda. Col cemento non si mangia. Di questi tempi si mangia pochino e velocemente perché la classe politica qualcuno lo fa mangiare sempre. Si dovrebbe cominciare a utilizzare tutto quello che non è utilizzato ed è tanto, in Sardegna come nella penisola. La ricchezza non è il cemento. Guardiamo il mondo della Costa Smeralda. Chi è venuto in Sardegna non lo ha fatto perché ha trovato cemento, ma coste e spiagge. Nel momento in cui cementifichiamo tutto cosa ci vieni a fare qui?».

Garibaldi ha combattuto per l’Unità d’Italia. Oggi secondo lei starebbe con Madrid o con Barcellona?

«Rispetto all’Ottocento sono cambiati i tempi e anche le teste. Il bisnonno ha combattuto in Brasile per aiutare un piccolo stato, il Rio Grande do Sul, a rendersi indipendente dall’impero brasiliano. Ed è lì che è nato il suo mito. Ha combattuto per la libertà di un popolo, ma ha anche pensato agli Stati uniti d’Europa. Oggi in Europa si deve fare squadra. È vero che vanno riconosciute le diversità, come nelle regioni italiane, di lingua, di tradizioni, ma poi si deve fare squadra. Perché se non si sta insieme in un mondo globalizzato, come Europa siamo perdenti. Catalogna compresa».

Cosa pensa delle spinte indipendentiste che ci sono anche in Sardegna?

«Sono una ovvia ribellione, una reazione naturale a una classe politica incapace di dare risposte e in cui la gente non si riconosce. In Sardegna come in Friuli. In Italia non abbiamo più statisti, grandi uomini come Cavour o De Gasperi. C’è una piccola politica. Non ci sono governanti illuminati che pensano a fare gli interessi dei cittadini. Sento molto parlare di valori che però non vengono messi in pratica. Ci può essere qualche buon amministratore nei comuni, qualche sindaco che vive in modo diretto i problemi della gente. Ma a livello nazionale no».

Quale qualità pensa di avere ereditato da Garibaldi e quale avrebbe voluto avere?

«Del bisnonno credo di avere ereditato la coscienza dei propri limiti. Ovvero mi fermo quando mi rendo conto che non posso andare oltre. Io so combattere una battaglia, ma non so governare. E questo limite lo apprendi stando a contatto con la terra, quando affronti madre natura e cerchi di renderla produttiva, realizzare l’agrumeto, l’uliveto, il vigneto, ma senza oltraggiarla. Di lui vorrei la genialità e l’amore incredibile che aveva per il creato. Scriveva che ognuno di noi è l’ emanazione di un dio. Siamo tutti atomi, uomini, animali e piante. E tutti vanno amati. E questo è il segreto intimo del bisnonno, che gli ha dato la forza per combattere e difendere questi valori».

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