La Nuova Sardegna

Zia Vittoria, 106 anni: è lei la più anziana iscritta alla Cisl

di Luigi Soriga
Zia Vittoria, 106 anni: è lei la più anziana iscritta alla Cisl

La nonnina supera di un anno la “concorrente” ogliastrina iscritta alla Cgil. L’elisir di lunga vita? La compagnia e l’affetto dei figli

22 ottobre 2017
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OSSI. Ci ha messo la bellezza di 106 anni a scavalcare questa asticella e non sarà certamente una “ragazzina” di 105 anni a rubarle il primato. Insomma una delle nonnine più vecchie dell’isola, con ancora in tasca la tessera del sindacato, abita a Ossi e si chiama zia Vittoria Mura. Con buona pace della sua concorrente di Villagrande Strisaili zia Giacobba Lepori, classe 1912, che ha avuto i suoi tre giorni di gloria ma adesso dovrà accontentarsi del secondo posto. E già che siamo in tema di sfide: anche la Cgil dovrà abdicare al suo copyright di iscritta ultracentenaria. Zia Vittoria infatti da un secolo è fedele alla Cisl. Prima considerazione, dunque: una tessera sindacale può essere un ottimo elisir di lunga vita. L’altro segreto è un’ottima copertura assicurativa controfirmata nel Dna. E la genetica rema tutta favore di zia Vittoria: la mamma è campata sino a 98 anni, una zia sino a 101, un altro zio è centenario.

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Lei invece ne ha 106, le piace molto la compagnia, avere la casa piena di chiacchiere e rumore, le piace ancora la vita e metterebbe volentieri la firma su un contrattino di altri dieci anni. «Sto bene, tutti sono molto affettuosi con me, ho tre figli che mi adorano, sette nipoti, una pensione, una bella casa e una ragazza che si occupa di me. Non mi manca nulla. Solo una cosa vorrei tanto con me: il mio povero marito». Ed ecco l’altra cosa che allunga la vita: un amore più forte del tempo, delle rughe, degli acciacchi, e perché no, anche della morte. Quando chiacchieri con zia Vittoria, puoi spaziare dai palinsesti Tv, alla gastronomia, alle previsioni del tempo, ma lei tra una frase e l’altra troverà sempre il modo per infilarcelo: «Mio marito era proprio una persona a modo, era bello e bravo». Era un carabiniere d’altri tempi, tredici anni più grande di lei. L’ha conosciuto che aveva 17 anni, e un anno dopo decidono di sposarsi: «Era esattamente il giorno di Natale, il 25 dicembre del 1929. Poi siamo partiti insieme per il Piemonte, perché mio marito doveva prendere servizio a Casteldidone, un paesello in provincia di Asti». I ricordi ci mettono qualche secondo a riaffiorare: l’hard disk d’altronde è un po’ datato, ma li custodisce col tepore della nostalgia, come dentro una coperta calda. «Il nostro non è stato un vero e proprio viaggio di nozze. Ma il mio primo giorno alla stazione di Torino non lo dimenticherò mai: faceva freddo, e vedevo tutta questa gente imbacuccata che trasportava bastoni lunghi su una spalla e poi saliva sul treno. E io non riuscivo a capire cosa ci facessero con questi bastoni». Il carabiniere Fancello la guarda e sorride: «Erano gli sci: tutta quella gente stava andando a sciare in montagna». Ma a Ossi non c’erano impianti di risalita, e a dirla tutta a quell’epoca non c’erano nemmeno la luce e l’asfalto. Zia Vittoria si ritrova catapultata in un mondo tutto nuovo, con le lancette del tempo che girano veloci in avanti. In Piemonte lei e il marito vivono cinque anni, lì nasce il primo figlio, e poi tornano a Ossi. «Io mi occupavo della casa e dei figli, mio marito andava a lavorare in caserma. Era bravo mio marito, una bella persona». Due anime che hanno condiviso tutto e hanno respirato accanto finché lui aveva 96 anni. «Poi poverino si è ammalato, e uno dei miei rimorsi è di non averlo portato fuori per curarsi. Perché se l’avessi fatto vedere al dottor Veronesi, magari sarebbe stato ancora con me».

L’altro piccolo rimpianto è di non aver potuto studiare. «La scuola mi piaceva molto. Ma mia madre, dopo la quinta elementare, mi ha voluto tenere in casa. Peccato: avrei voluto fare la maestra. Tutti mi avrebbero chiamato Maestra Vittoria». La penna tra le dita sembra un po’ incerta, ma poi la M del cognome si imprime sul foglio con stupefacente grafia, un arzigogolo aggraziato. Non vede benissimo, non può cucire (la sua grande passione) e non riesce più a leggere i giornali: «Mio marito lo comprava ogni giorno». Non guarda più nemmeno la tv, e trascorre le giornate a gironzolare per casa. Ma non è triste o annoiata: «Mangio di tutto, mi piacciono i dolci, e sono diventata un po’ poltrona». E se il marito fosse ancora accanto a lei, sarebbe pronta a rigirare la clessidra un’altra volta.
 

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