La Nuova Sardegna

la sentenza per lo scandalo di portoscuso 

Puddu, abusi sessuali ma nessuna violenza

Puddu, abusi sessuali ma nessuna violenza

Per i giudici le ragazze accettavano di prostituirsi per bisogno e il sindaco ne approfittava

26 ottobre 2017
3 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. Un caso Weinstein in versione paesana, un ultrasessantenne dalle mani lunghe e tre ragazze giovanissime soggiogate dalla sua autorità e costrette a prostituirsi dal bisogno di soldi. A leggere le 150 pagine della sentenza con la quale il tribunale di Cagliari presieduto da Mauro Grandesso ha condannato Adriano Puddu a sei anni e mezzo di carcere si ritrovano mescolati in una dimensione diversa tutti gli ingredienti della vicenda di cui è protagonista suo malgrado l’ex plenipotenziario della Miramax e un numero crescente di attrici internazionali. Ma se nel mondo fatato di Hollywood si trattava di cinema d’alto bordo e di milioni di dollari, la posta in palio a Portoscuso non erano che i miseri sussidi comunali contro l’indigenza, da scambiare, nella lettura accusatoria, con prestazioni sessuali spesso sbrigative, che il Diddino - come lo chiamavano le sue starlettes di provincia - pretendeva usando le parole volgari riportate nei brogliacci delle intercettazioni. La sentenza è nota: grazie alla difesa degli avvocati Ivano Iai e Giuseppe Andreozzi l’ex sindaco si è liberato al giudizio di tutte le accuse riferite all’amministrazione pubblica, dalla corruzione alla concussione, che la parte civile sostenuta dall’avvocato Toto Casula gli contesterà in appello, tranne che del voto di scambio. Ma per via di testimonianze chiare e di conversazioni inequivocabili è rimasto incastrato agli episodi più boccacceschi, a quello che il giudice estensore Silvia Badas definisce «il bieco approfittamento dell’indubbia situazione di disagio economico delle tre donne e della condizione di inferiorità psichica di S.C.», una diciottenne in difficoltà che Puddu - a leggere le carte - non esitava a usare per le sue esigenze e a proporre ad amici e conoscenti come se fosse un oggetto. Codice alla mano, l’ex sindaco - a giudizio del tribunale - si è macchiato di induzione alla prostituzione perchè mancano la prova che abbia costretto le ragazze a concedersi. In un caso però Puddu ha fatto leva sulla propria autorità e superiorità psicologica oltre che sul bisogno economico della sua interlocutrice, quindi ne ha abusato esattamente nei termini che in questi giorni vengono contestati al potente Harvey Weinstein. Mentre negli altri due casi le giovani donne «hanno incontrato l’imputato alla cui illecita induzione, non esercitata in maniera tale da annientarne la volontà, hanno deciso di sottostare, sacrificando la propria libertà sessuale, per ottenere quato prima la pronta erogazione dei contributi economici previsti per le situazioni di povertà, ai quali avevano peraltro diritto». Per il tribunale il processo ha confermato come Puddu pilotasse a seconda dei propri desideri sessuali i sussidi comunali e come i soldi scomparissero d’incanto appena le ragazze cercavano di sottrarsi alle sue richieste. La sentenza descrive Puddu come un satrapo di paese, ma lo scagiona dalle accuse di aver agevolato l’acquisizione di un’area pubblica di pregio ambientale da parte della Portovesme srl-Glencore in cambio di una mazzetta da 9050 euro: per il tribunale le prove non ci sono. (m.l)

Il blitz

Sassari, controlli dei Nas in tutta l’isola: sequestrati 855 chili di uova e colombe di Pasqua scadute o conservate tra i topi

Le nostre iniziative