La Nuova Sardegna

La Chiesa e i sindacati: stop al lavoro domenicale

di Alessandro Pirina
La Chiesa e i sindacati: stop al lavoro domenicale

Monsignor Bregantini a Cagliari: è indegno, separa le mamme dai bambini

28 ottobre 2017
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CAGLIARI. «Stop al carrello». Da anni sindacati e lavoratori della grande distribuzione chiedono di rivedere il lavoro domenicale. Un appello che è sempre rimasto inascoltato, tanto che negli anni anche i market più piccoli si sono dovuti adeguare alla legge del mercato e soprattutto dei grandi supermercati. La domenica è diventato un giorno come gli altri. Ora però scende in campo anche la Chiesa. E lo fa con il suo massimo esperto in tema di lavoro, il vescovo di Campobasso, monsignor Giancarlo Maria Bregantini, che ieri dal palco della Settimana sociale a Cagliari ha tuonato: «Il lavoro domenicale non è degno, non è libero, separa giovani mamme da bambini nel giorno della festa. Bisogna dire basta all'apertura domenicale di mercati e supermercati». Parole che il vescovo oggi dovrebbe ripetere al presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Anzi, la richiesta di porre un freno alle aperture dei negozi nei giorni festivi potrebbe essere una delle proposte che la Cei sottoporrà al governo, che oggi a Cagliari non sarà rappresentato solo dal premier, ma anche dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Un ventaglio di proposte che avranno come comune denominatore la lotta contro la disoccupazione, in particolare quella giovanile.

La rivoluzione del 2011. E uno dei punti principali di questo vademecum della Chiesa sarà lo stop ai turni domenicali, o perlomeno una revisione. Una richiesta che vuole riportare il calendario indietro di sei anni. È stato alla fine del 2011, infatti, che il governo Monti ha attuato la liberazione selvaggia del commercio. Via tutte le restrizioni che fino ad allora in Sardegna erano previste dalla legge Soru sul commercio: negozi aperti sempre, senza limiti di orario, senza tenere conto di domeniche e festività. E addirittura con la possibilità di tenere le serrande alzate anche 24 ore su 24. Cosa che finora in Sardegna è stata attuata solo dal centro commerciale Carrefour di Quartu, che durante la stagione estiva non chiude mai.

Sindacati all’attacco. «Siamo stati i primi a denunciare che il lavoro domenicale così disciplinato non sia accettabile – afferma Simona Fanzecco, segretari regionale della Filcams Cgil –. Ci fa piacere che anche la Chiesa la pensi come noi. Ora mi auguro di trovare posizioni simili anche in ambito politico. Perché l’apertura senza limiti nei giorni di festa non ha alcuna ragione di esistere. Oggi un cittadino non ha la necessità di andare a fare la spesa la domenica. Ci sono sistemi di acquisto on line, sistemi di supporto al cliente che rendono superata l’apertura domenicale». «La domenica non si deve lavorare per commerciare – aggiunge Giuseppe Atzori, segretario regionale della Fisascat Cisl –. Assurdo disgregare le famiglie per andare a lavorare la domenica, anche perché non si tratta di servizi che devono essere garantiti a tutti i costi, come la sicurezza o la sanità».

Sottopagati. Ma soprattutto è l’aspetto economico a rendere il lavoro festivo anche sconveniente. «Per i dipendenti della grande distribuzione la maggiorazione oltre alla paga oraria è di solo il 30 per cento – dice ancora la numero uno della Filcams Cgil –. Una cifra ridicola se si tiene conto i disagi che devono subire un lavoratore e una lavoratrice. In Italia non ci sono servizi complementari che aiutano i lavoratori a coniugare le esigenze lavorative con quelle familiari. Asili, scuole, centri per l’infanzia: la domenica è tutto chiuso. E alla fine quello che prendono la domenica è meno di quanto devono spendere per pagare una baby sitter. È veramente un problema di natura sociale che in Sardegna riguarda almeno 4mila lavoratori». «Il lavoro domenicale – parla ancora Atzori – non ha spostato occupazione ma solo il giorno in cui fare la spesa, andando a penalizzare centinaia di persona. Tra grande distribuzione, piccoli e medi supermercati e negozi vari parliamo di quasi 10mila lavoratori».

Altri settori. La grande distribuzione è uno dei settori con la maggiorazione domenicale più bassa. Va meglio ad altri settori: nell’industria chimica e metalmeccanica l’aumento raggiunge il 50 per cento, nel settore calzature è del 50 per cento per il festivo diurno, che di notte aumenta al 60, mentre per gli autotrasportatori la differenza è netta tra festivo (maggiorazione del 50 per cento) o domenica (appena il 20). «Una maggiorazione più alta – dice ancora Simona Fanzecco – ripagherebbe in parte il disagio. Se la remunerazione fosse giusta uno farebbe anche un sacrificio, ma qui siamo davanti solo a disagi e stipendi bassi. E ancora peggio va ai lavoratori interinali, a cui sempre più spesso ricorre la grande distribuzione. Un vero e proprio sfruttamento, perché a loro la domenica non viene riconosciuta nemmeno la maggiorazione del 30 per cento».

Appello alla Regione. Fino all’entrata in vigore del decreto Salva Italia targato Monti in Sardegna era in vigore la legge Soru, che aveva messo diversi paletti alle liberalizzazioni: solo 8 domeniche all’anno, oltre a quelle di dicembre, mentre divieto assoluto di apertura nei festivi principali, Ferragosto compreso. Un divieto che molti giganti della grande distribuzione non rispettavano, preferendo sanzioni salate al mancato guadagno. Con la rivoluzione Monti tutti quei paletti sono spariti, ma per i sindacati occorre trovare una terza via. «Faremo presto un’iniziativa pubblica insieme a Cisl e Uil – conclude la Fanzecco – per chiedere alla Regione di ridisciplinare il tema delle apertura domenicali e festive. La Sardegna è una regione a Statuto speciale e lo può fare. Non dico che i negozi o i supermercati debbano chiudere il 15 agosto nelle località di mare, ma dei limiti vanno posti. Andare avanti in questo modo è inaccettabile».

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