La Nuova Sardegna

Usura, Graziano Mesina rischia quattro anni

di Nadia Cossu
Usura, Graziano Mesina rischia quattro anni

Nessuna estorsione, ma il pm chiede la condanna per un prestito a strozzo

09 novembre 2017
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SASSARI. Assoluzione per l’estorsione e condanna per l’usura. Le richieste del pubblico ministero Angelo Beccu per Graziano Mesina (4 anni e due mesi) e per l’ex direttore di una filiale del Banco di Sardegna di Sassari, Pierluigi Meloni (2 anni e quattro mesi) è arrivata al termine di una requisitoria durante la quale il pm ha ricostruito il caso di usura di cui rimase vittima un imprenditore sassarese che ha portato l’ex primula rossa del banditismo sardo sul banco degli imputati insieme al suo autista Giovanni Filindeu (anche lui orgolese) e a Meloni. Per Filindeu è stata chiesta l’assoluzione da entrambe le accuse. Il 15 novembre la parola passerà agli avvocati difensori Maria Luisa Vernier e Beatrice Goddi (per Mesina), Agostinangelo Marras (per Meloni) e Goddi e Rinaldo Lai (per Filindeu) e subito dopo il gup Michele Contini si ritirerà per la sentenza.

Sicuramente è Graziano Mesina il protagonista principale di un’indagine che era stata condotta dai carabinieri del comando provinciale di Nuoro. Tutto era cominciato con un prestito di 40mila euro chiesto a Pierluigi Meloni dall’imprenditore di Sassari Marco Milia. Soldi che gli sarebbero serviti per iscrivere la squadra di basket Robur, di cui all’epoca era presidente, nella divisione nazionale B. Per questo nel 2011 Milia – titolare di alcuni ristoranti in città – si era rivolto all’allora direttore della filiale del Banco di Sardegna di via IV Novembre. Ma non avrebbe mai immaginato di dover restituire un giorno quei soldi a Mesina. Oltretutto sotto minaccia e con gli interessi (stando alle accuse). Perché non alle casse del Banco di Sardegna, ma proprio a Mesina, si sarebbe rivolto Meloni per racimolare quella somma. A finire sotto inchiesta, oltre all’orgolese, anche il suo autista di 38 anni Filindeu e Meloni, sassarese di 50 anni.

Milia aveva bisogno di soldi liquidi e si era quindi rivolto alla banca. Il direttore della filiale gli aveva dato rassicurazioni: «Ci penso io. I soldi li avrai». E infatti li ebbe. Salvo poi scoprire che anziché 40mila euro gliene venivano chiesti indietro 50mila. E, soprattutto, che a reclamarli era Grazianeddu. Scriveva il pm Corinna Carrara, all’epoca titolare dell’inchiesta: «Mediante minaccia, costringevano Milia ad accettare l’accordo usurario e a consegnare loro le somme». Il tutto «in termini perentori, sfruttando la fama che lo precedeva, tale da incutergli timore per la propria incolumità». Meloni, secondo la ricostruzione del pm, fece da intermediario tra i due «nella piena consapevolezza della illiceità dell’operazione».

Lui, Mesina, si era difeso da queste accuse. «Mai concesso prestiti a strozzo, mai preso un soldo in più di quanto avevo dato». Lo aveva fatto durante un processo a Cagliari attraverso il suo avvocato Maria Luisa Vernier. Nella stessa occasione l’ex ergastolano aveva dichiarato di essere un uomo disponibile ad aiutare amici e conoscenti, una cosa che aveva sempre fatto ma – aveva puntualizzato – «senza mai sconfinare nell’usura». Non aveva però fatto alcun riferimento diretto alla vicenda che gli fa rischiare l’ennesima condanna, quei 40mila euro concessi per l'accusa al ristoratore sassarese. Nelle sue parole, riferite dal legale, c’era solo la determinazione a escludere di aver fatto, anche una sola volta nella vita, il terribile mestiere dello strozzino.

Il 15 novembre saranno i legali difensori a tentare di smontare le accuse e a chiedere l’assoluzione per tutti i capi di accusa.

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