La Nuova Sardegna

Il nostro brodo salva la vita: la dieta per vivere cent'anni

Giacomo Mameli
Il nostro brodo salva la vita: la dieta per vivere cent'anni

Novembre è il tempo del "Longevity broth", come il New York Times ribattezzò la minestra di acqua di sorgente, patate di montagna e "viscidu": una delle ricette svelate dalle massaie ogliastrine per un'alimentazione semplice e sana

12 novembre 2017
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SASSARI. Con l'orto in letargo autunnale, Francesca Locci, mamma di 39 anni, moglie di Massimo Orrù capraro-pittore di 46, sta preparando il piatto che The New York Times aveva battezzato "Longevity broth" per distinguerlo dalla "Longevity soup". La differenza c'è, eccome. Il distinguo è privilegio di palati fini che a Perdasdefogu e in Ogliastra (come a Okinawa in Giappone o a Icaria in Grecia), e anche tra i giornalisti gourmet americani, abbondano. Perché "Lonvegity broth" è un elisir più liquido del minestrone di verdure, quello che usa in estate quando gli orti-giardino di Abbamèssi e Tuppa Segàda versano sul piatto il loro splendore di aromi.

Questa novembrina è chiamata "minestra 'e viscidu". Gli ingredienti? Bando ai conservanti, acidificanti, coloranti e intrugli da scaffale di supermercato. Solo acqua di sorgente (mamma Francesca la prende a Luesu, la Fonte di Bandusia dei foghesini, più splendente del vetro «e senza cloro»). E poi patate (di alta collina) a tocchetti. Infine il "viscidu", formaggio fresco salato, meglio se di capra da pascolo brado. Va sciolto, quanto basta, nell'acqua di cottura. Ci si può aggiungere pasta (gnocchetti fatti in casa, capelli d'angelo). Piatto pronto in dieci minuti.

UN PIATTO POVERO. «È il cibo che ci ha fatto diventare vecchi e sani», dice Vittorio Palmas, noto Cazzài, che di anni ne compirà 104 il 16 dicembre e che ha conosciuto la fame della guerra e gli orrori dei lager nazisti. Ricorda: «Un piatto povero ma sano per gente povera e sana. Lo preparava mamma, poi mia moglie e mi ha dato salute, le mie figlie lo cucinano ai miei nipoti». Due anni fa il giornalista americano Dan Buettner, presentando il libro "The Blue Zones Solution" edito da National Geographic, aveva scritto che il «vero minestrone della longevità viene cucinato nelle case di Perdasdefogu, nel cuore della Sardegna». Aveva visto cucinare e poi assaggiato un piatto fatto dalle figlie di Consòla Melis, la lucidissima vegliarda morta due mesi prima del compimento dei 108 anni.

Patate e bietole, pomodori e zucchine, fagiolini e carote, cipolla e sedano, poco sale, ciuffi di cavolfiore. Legumi - eccolo uno dei veri segreti della dieta della longevità - raccolti da solchi di buona terra, senza concimi chimici, niente diserbanti business delle multinazionali, le erbacce tolte con le mani e la zappa non con i pesticidi. Il tutto cotto in acqua di sorgente. «È il minestrone dell'orto non del freezer», aveva spiegato Consola. Frase che aveva fatto il giro del mondo, nei canali tv Cnn, Bbc, France2, Al Jazeera e Rai. Era quello il piatto principe della famiglia col record mondiale della longevità.

CARNE ARROSTO. «È stata la nostra cena credo per 300 giorni all'anno, non c'era altro da mangiare», ricorda oggi Antonio Melis, fratello di Consola, 98 anni. E la carne? «Sempre per le feste e la domenica, quasi sempre arrosto. Carni di animali da campo, non da silos», commenta Adolfo, ceppo-Melis anche lui, 94 anni, barista-ortolano in attività. Minestrone in casa Melis, nei rioni da Funtanedda a San Sebastiano, così come sotto i tetti dei Lai e dei Carta, dei Demontis e dei Palmas, degli Orrù e dei Mulas, dei Marci e dei Mura. Adesso, il piatto di stagione è "sa minestra ' e viscidu", quello che Francesca prepara per il marito e i figli Greta di 4 e Agata di 12 anni. «Vorrei ospitare lo scienziato Valter Longo, ho letto un articolo su La Nuova Sardegna, saremmo felici di averlo nella nostra cucina di casa ma anche nelle campagne di Arburacèsu, verso Tertenia, a due passi dall'incanto di Luesu. Lo metteremmo capo tavola, alla tavola della longevità. Si convincerebbe di ciò che lui, biogerontologo di successo, ha documentato: occorre mangiare bene ma poco, sì, ricetta francescana, mimare il digiuno. Potremmo andare in California, anche al suo Istituto della Longevità di Milano, alla sezione oncologia dell'Ifom. Preparerei il pranzo per tutti». Solo minestra? «No. Porteremo con noi carne e formaggi di capra, di quelle che brucano erbe di campagne e foglie di corbezzolo, alloro e lentisco, di quelle capre che rosicchiano i tronchi di ginepro. Con un buon bicchiere di cannonau. E basta. La cucina sana deve essere frugale».

LA ZONA BLU. La gastronomia di Foghesu, come nei paesi collinari in Ogliastra, ha occupato il terzo capitolo del volume "The Blue Zones Solution" (sta per essere tradotto in Italia) dalle pagine 53 alla 61. In quelle righe si precisava che «viene preparato con legumi e verdure dell'orto familiare. Il lungo tempo di cottura assicura l'intensità dell'aroma e soprattutto la biodisponibilità dei nutrienti, quali il licopene e i carotenoidi dai pomodori e altri importanti antiossidanti». Più avanti Buettner aveva scritto: «Tradizionalmente il minestrone si accompagnava ad alcuni fogli di pane pistoccu» (più spesso del pane carasau e fatto con farina di grano duro: nulla a che fare con le baguette del supermercato con pasta surgelata in arrivo da Romania e Turchia). Semplicità in cucina vuol dire eccellenza. Che si sposa bene con la "dieta mima-digiuno" di Longo. Senza mai cedere alla tentazione delle porzioni abbondanti.

CENE LEGGERE. Un altro dei senatori di Perdasdefogu, Antonio Brundu (cent'anni il prossimo 12 marzo, anche lui figlio della guerra, scampato alle bombe degli americani che avevano raso al suolo Cagliari) parla come un nutrizionista saggio. Dice per esempio: «Cena lèbia, lèbiu sonnu», cioè «Cena leggera, sonno sereno», che equivale al «perché leggera ti sia la notte, sia parca la tua cena» della scuola salernitana. È la ricetta delle nonne di Perdasdefogu. Tutte ultranovantenni. Tutte a sentenziare che «da tavola non ci si deve alzare sazi, mangiar troppo fa male». Lo ripetono Francesca Sirigu e Annunziata Stori, Carolina Mura e Battistina Carta. Lo dicevano alcuni eroi-soldato della seconda guerra mondiale, Vittorio Lai prigioniero a Norimberga, Peppino Carta testimone senza armi nel gelo del Don. Ieri, in biblioteca, Simone Santus di Portoscuso ha riunito i vegliardi di Foghesu per la sua tesi di laurea a Milano nel corso Digital Film Production presso la Sae Institute Schoool of audio Engineering.

Con lo storico Salvatore Mura (ha fatto ottenere ai Melis e alla Sardegna l'imbattuto Guinnes Word Record per la longevità familiare) c'erano Vittorio Lai Pistòla cacciatore a 96 anni, Bonino Lai impiegato comunale vicino ai cento, Efisio Piroddi quasi centenario pure lui.

MENTA DI FIUME. «Mi ha colpito certo l'età avanzata ma soprattutto la lucidità nei ragionamenti, i ricordi nitidi, il buon parlare, tutti asciutti, nessuno sovrappeso». È stato ospite a pranzo dalla coppia Gennaro Mura e Virginia Palmas: «Ho mangiato i culurgionis fatti patate dell'orto, olio extravergine, viscidu e mentuccia di fiume. Otto culurgionis, non uno in più. E una trota del Flumineddu alle brace». E a cena? «Ospite di Francesca e Massimo con minestra 'e viscidu. E cachi dell'orto. Per avere garanzia di longevità dovrei mangiare così tutti i giorni». E nel bicchiere? «Vino nero, Gennaro, senza saperlo, ha citato la Divina Commedia di Dante. Mi ha detto: Guardi, il sole di novembre esalta il colore del vino».

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