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i pionieri italiani sono a chia 

Spartivento, l’ex rudere ora è un sogno extralusso

Spartivento, l’ex rudere ora è un sogno extralusso

CHIA. C’è un esempio estremamente eloquente (perché riuscitissimo) di cosa significa valorizzare una struttura fatiscente restituendola al territorio e ricevendone in cambio un mare di benefici: è il...

12 novembre 2017
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CHIA. C’è un esempio estremamente eloquente (perché riuscitissimo) di cosa significa valorizzare una struttura fatiscente restituendola al territorio e ricevendone in cambio un mare di benefici: è il faro di Capo Spartivento, che da casermone dalle pareti scrostate e minacciato dalla salsedine e dalla intemperie è diventato una guest house di fama mondiale, sinora l’unico caso in Italia di faro trasformato in struttura ricettiva. Sorge in un contesto magnifico, una scogliera a picco sul mare nel territorio di Chia, nel comune di Domusdemaria, nel sud della Sardegna.

È frutto della caparbietà e della passione di Alessio Raggio, un imprenditore cagliaritano di 48 anni che ha davvero inseguito un sogno per arrivare a creare una realtà che non eguali e che attira una clientela di altissimo bordo da ogni parte del mondo. Una passione immensa per l’hockey su prato (giocava nell’Amsicora), sembrava destinato alla carriera diplomatica sulle orme del padre Andrea, ma scoprì ben presto che ciò che avrebbe voluto più di ogni altra cosa come “sostituto” dell’attività sportiva sarebbe stato il recupero di strutture abbandonate.

«Nel 1991 – racconta Alessio Raggio – feci domanda per proporre una ristrutturazione del faro di Capo Spartivento al demanio. Mi rispose solamente nel 2002: era infatti stato varato un bando di gara, cui parteciparono una trentina di concorrenti e e che mi aggiudicai». Lo sforzo fu enorme e non solo per via degli investimenti, effettuati utilizzando i ricavi di due strutture di notevole fama nel frattempo aperte sui Bastioni di Cagliari. Una spinta morale ulteriore arrivò dalla tragica morte del fratello Luca durante una battuta di pesca sub proprio sotto il faro e in onore del quale la famiglia creò una fondazione.

«Ci furono da affrontare problemi burocratici infiniti – spiega –, ma non certo col demanio, che ha grossi meriti, né con la soprintendenza. Un ringraziamento particolare lo dovetti agli uomini della marina militare, molto rigidi da buoni militari, ma estremamente seri. Sono infatti loro a gestire la lanterna del faro, ma sono molto rispettosi della clientela, vista la commistione con il civile che si crea con la presenza di un’attività del genere».

Nel 2007 nel faro costruito nel 1854 e voluto dal Re Vittorio Emanuele (c’è il suo nome nella porta d’ingresso) e abbandonato da 45 anni se non per l’utilizzo della lanterna, aprì la cosiddetta “Casa per gli ospiti”, una vista spettacolare sui golfi di Teulada e degli Angeli: sei suites senza la reception, con maggiordomo e chef che cucina secondo le richieste. Tutto quello che può immaginare chi cerca il lusso. E da qualche mese Raggio ha raddoppiato aprendo altri 4 mini-appartamenti nella caserma. Paga un canone di 96 mila euro l’anno. «L’azienda va benissimo, specie in estate – dice – la società è sana e il format è piaciuto moltissimo perché si legge la passione che c’è dietro. Sono felice che nascano altre attività del genere, ma ciò che consiglio è di diversificare i concept. Ogni idea deve essere adattata al luogo e alla sua storia. Non si può copiare il faro olandese di Harlingen, che sorge in un porto, per realizzare un progetto su una scogliera». Per Raggio il faro è «una finestra sul mondo, genera una miriade di contatti. Ma coloro che vorranno aprirne uno dovranno essere dei matti. Spero solo che le amministrazioni locali ne capiscano il ruolo per il territorio e li supportino. Basti dire che l’anno scorso abbiamo richiamato 2400 persone che non hanno dormito da noi». (a.palm.)

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