La Nuova Sardegna

I veleni dei carabinieri Bonorva diventa un caso

di Gianni Bazzoni
I veleni dei carabinieri Bonorva diventa un caso

Ci sarebbe l’intesa tra Cocer e vertici dell’Arma per trasferire gli ufficiali scomodi Il capitano Giola e il luogotenente Dore contrastavano militari “fuori dalle regole”

20 novembre 2017
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SASSARI. A un certo punto una compagnia tranquilla e produttiva come quella di Bonorva sale al centro dell’attenzione nazionale e dei vertici dell’Arma dei carabinieri. Una cosa che non era successa neppure qualche anno prima, quando si era registrato il sequestro dell’allevatore Titti Pinna (l’ultimo messo a segno in Sardegna). Allora il nucleo operativo della compagnia era retto sempre da un maresciallo e non era stata ravvisata l’esigenza di inviare un ufficiale (il secondo oltre al comandante della compagnia). E comunque, a ottobre 2015, a Bonorva viene inviato un tenente per sostituire il luogotenente Antonello Dore. Il sottufficiale è quello che - insieme al capitano Francesco Giola e l’appoggio del comandante provinciale - si adopera per contrastare l’azione di un gruppo di carabinieri considerati “fuori dalle regole”, perfino nell’utilizzo del vestiario di servizio. Il comandante provinciale Giovanni Adamo ha raccontato ai pm che c’erano carabinieri che uscivano in servizio indossando stivali «con la scritta polizia» e altri con copricapo «con la scritta Adidas».

Sono i veleni dell’Arma in provincia di Sassari, e la compagnia tra il Logudoro e il Meilogu è il luogo dove c’è uno strano fermento. Se ne interessa il Cocer in maniera insistente. Tanto che quando il comandante generale Tullio Del Sette arriva in visita (agosto 2015) c’è anche il delegato del Cocer Gianni Pitzianti. Dall’inchiesta emerge che è l’appuntato-sindacalista - a un certo punto - a interrompere il generale mentre parla (davanti anche a dei civili) per dire che «qua tutti vogliono fare domanda di trasferimento, non vogliono più stare qua e noi siamo intervenuti...». Il comandante generale si rende conto della gravità dell’affermazione e lo blocca con un generico «queste sono altre cose...». Poi chiama il capitano Francesco Giola in una stanza e in sintesi gli rimprovera di non essere stato in grado di gestire i rapporti con una parte del personale.

La storia è in evoluzione, segno che il binomio Cocer-vertici dell’Arma procede per la sua strada. E quando arriva il tenente, Bonorva si trova ad avere due comandanti del nucleo operativo: un ufficiale e un luogotenente. Nessuna comunicazione, però, per chiarire l’operazione. Più tardi sarà il comandante della Regione Antonio Bacile a disporre che il luogotenente da comandante diventi un addetto (quindi con un demansionamento). Non c’è una motivazione credibile, perché in quel momento la compagnia di Bonorva ha un livello di reati scoperti pari al 93 per cento (ai primi posti su scala nazionale). Poi i trasferimenti di Dore e Giola con l’inchiesta della procura della Repubblica di Sassari che scoperchia un calderone ribollente. E quando uno dei carabinieri animati da sentimenti di vendetta (per l’episodio dell’arresto di Pozzomaggiore ma anche per altri fatti) viene intercettato con gli altri colleghi che organizzano spedizioni punitive per il fine settimana con macchine da piazzare qua e là, dice: «No sabato non si può perché comanda ancora Giola, dobbiamo aspettare...». E si vanta di avere già preso accordi «con il nuovo che arriva Belotti».

Secondo la Procura di Sassari, i vertici dell’Arma avrebbero ceduto alle pressioni del Cobar “concedendo” i trasferimenti richiesti. Tanto che il comandante provinciale Giovanni Adamo, il capitano Francesco Giola (comandante della compagnia di Bonorva) e il luogotenente Antonello Dore vengono destinati altrove.

E a sostegno della tesi dei rapporti tra rappresentanza sindacale e generali, proprio in questi giorni circola un file audio diffuso da Agenparl. Si sente un delegato del Cocer siciliano che urla a un generale che non si vuole fare prendere per il c... dagli ufficiali che stanno dietro una scrivania mentre lui «butta la vita per strada».

L’inchiesta sassarese ha varcato il mare e le carte sono ora all’attenzione dei colleghi di Roma che hanno già chiesto l’archiviazione. Il comandante generale Tullio Del Sette è indagato per abuso di ufficio e omissione di atti d’ufficio in concorso con il delegato Cocer Gianni Pitzianti (per i trasferimenti del colonnello Adamo da Sassari a Roma e del capitano Giola da Bonorva a Oristano). Al comandante di Regione Antonio Bacile, invece, viene contestato il trasferimento del luogotenente Antonello Dore (sgradito al Cobar e a un gruppo di militari). Per tutti il pm Francesco Dell’Olio ha già chiesto l’archiviazione, ma quello che sta emergendo dall’inchiesta è inquietante.

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