La Nuova Sardegna

Torna a casa dopo 20 anni un sequestratore di Farouk

Torna a casa dopo 20 anni un sequestratore di Farouk

Mario Asproni ha scontato la condanna per il rapimento del piccolo Kassam Faceva parte della banda di Matteo Boe che prese in ostaggio il bimbo

24 novembre 2017
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LULA. È tornato a casa in silenzio, senza clamore. Con quella riservatezza che ha contraddistinto ogni suo comportamento: dal sequestro di Farouk Kassam, fino al momento dell’arresto, pochi giorni prima di Natale del 1994, lungo la strada tra Sarule e Gavoi e poi per tutto il lungo periodo di detenzione.

Silenzio e profilo basso. Mario Asproni, 60 anni, operaio forestale di Lula, dopo oltre 20 anni ha rivisto il suo paese da uomo libero. Ha regolato i conti con la giustizia, ha finito di scontare la pena che gli era stata inflitta dai giudici: 26 anni, che si sono ridotti grazie ai benefici previsti dall’ordinamento carcerario. Con lui erano stati condannati i due compaesani Matteo Boe, tornato in libertà il 25 giugno e rientrato a vivere a Lula e Ciriaco Baldassare Marras.

Mario Asproni era un operaio forestale senza precedenti penali e sconosciuto alle forze dell’ordine quando era stato coinvolto nel sequestro del piccolo Farouk Kassam, 7 anni, rapito nella sua villa sulla collina di Pantogia, a Porto Cervo, il 15 gennaio 1992, e rilasciato la notte del 10 luglio nel Supramonte tra Oliena, Orgosolo e Dorgali. Dopo 177 giorni di durissima prigionia in un minuscolo anfratto infestato dai topi sul Montalbo di Lula.

A incastrare Mario Asproni erano state le fotografie contenute in un rullino che gli agenti della squadra mobile di Sassari e della Criminalpol, che avevano collaborato con i gendarmi francesi, avevano trovato in uno zaino sequestrato nella camera dell’albergo “U’Palmu” a Portovecchio, in Corsica, dopo la rocambolesca cattura di Matteo Boe il 12 ottobre 1992. Oltre a Matteo Boe, in quelle immagini erano ritratti altri due uomini, all’epoca sconosciuti, in cima al Montalbo poco distanti dalla prigione del piccolo Farouk mentre mostravano con orgoglio i fucili che imbracciavano.

Gli investigatori erano risaliti a Mario Asproni e Ciriaco Marras dopo qualche mese, ma nel frattempo l’operaio forestale lulese si era dato alla macchia. Per due anni. La sua latitanza era finita la notte del 23 dicembre 1994 sul sedile di una 127, lungo la strada tra Sarule e Gavoi. Gli agenti della squadra mobile di Nuoro impegnati in servizi di appostamento nell’ambito del sequestro dell’imprenditore macomerese Giuseppe Vinci, avevano notato una Fiat 127 fermarsi sul bordo della strada dopo aver lampeggiato più volte. Subito dopo, dalla boscaglia era emerso un uomo che si era infilato nell’utilitaria ripartita a tutta velocità, forzando anche il posto di blocco improvvisato dai poliziotti. Un’auto-civetta si era lanciata all’inseguimento della 127 che era stata intercettata a speronata dopo alcuni chilometri. Gli agenti avevano puntato la pila in faccia all’uomo sul sedile posteriore e non avevano avuto dubbi: era il latitante Mario Asproni. Aveva una pistola, un passamontagna, alcuni coltelli e una ricetrasmittente e soldi. (plp)



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