La Nuova Sardegna

Dissequestrato l’appartamento della barista

di Gianni Bazzoni
Dissequestrato l’appartamento della barista

La casa in affitto nel centro storico restituita ai familiari. Si attende l’esito delle perizie su tablet e pc

02 dicembre 2017
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PORTO TORRES. È stata dissequestrata la casa dove per l’ultima volta Michela era passata prima della partenza per La Maddalena e da dove poi non è più tornata. L’abitazione presa in affitto nel centro storico di Porto Torres nei giorni scorsi era stata setacciata dagli specialisti del Ris dei carabinieri che avevano già portato via oggetti e materiali utili per le indagini disposte dalla procura della Repubblica di Tempio. Ieri i familiari della ragazza, accompagnati dall’avvocato Arianna Denule, sono entrati in quella casa e hanno potuto recuperare quello che Michela aveva lasciato.

Un passaggio semplice ma doloroso mentre a poche centinaia di metri - nella caserma dei carabinieri di via Antonelli - erano in corso le attività relative alla delicata inchiesta. Gli investigatori hanno sentito diversi giovani, come testimoni o persone informate dei fatti. Un lavoro che va avanti ormai da poco meno di un mese, da quando è scattata l’inchiesta che mira a fare chiarezza sulla morte di Michela Deriu. Ci sono alcuni aspetti che, nonostante tutto, restano avvolti nel mistero. La 22enne di Porto Torres è stata trovata priva di vita nella casa di un’amica che vive a La Maddalena e che l’aveva ospitata da meno di 48 ore. Suicidio, questa la prima constatazione. Anche se poi - sulla base di alcune stranezze, dei messaggi lasciati dalla ragazza e di una rapina dai contorni misteriosi che Michela aveva denunciato di avere subito a Porto Torres - è stata avviata l’inchiesta per istigazione al suicidio, tentata estorsione e diffamazione.

Solo da pochi giorni tre giovani - due ragazzi di Porto Torres e una ragazza dell’hinterland - sono stati iscritti nel registro degli indagati e a loro sono stati contestati proprio quei reati. Ma l’impressione è che l’attività investigativa non sia circoscritta a quei tre ragazzi, e la loro iscrizione nel registro degli indagati potrebbe essere legata alla necessità di effettuare alcune perquisizioni. Telefonini, computer, tablet e pennine sequestrate ora passano all’esame dei periti. Si cerca qualunque cosa che possa spiegare da dove avesse origine la paura, quasi il terrore di Michela negli ultimi giorni precedenti la sua morte. E quale sia la motivazione che l’ha portata ad allontanarsi precipitosamente, quasi una fuga, da Porto Torres. Una città dove non aveva - almeno in apparenza - nemici e dove viene persino difficile immaginare personaggi così “potenti” da incutere timore fino a essere eventuale causa della morte della ragazza. Nelle ipotesi investigative c’è quella di un video compromettente, di un ricatto collegato, di denaro versato e da versare. Ma è davvero così? Gli scheletri che ritornano sono quelli? E la storia della rapina - che ci sia stata davvero o meno - è direttamente collegata? Forse si, e allora l’interesse reale deve essere ricondotto alla tutela della vittima, una ragazza di 22 anni morta lontana da casa. E la verità, con tutto il suo carico di giustizia, resta l’obiettivo primario.

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