La Nuova Sardegna

Michela, parla un indagato: innocente, voglio la verità

di Daniela Scano
Michela, parla un indagato: innocente, voglio la verità

È un musicista di 23 anni: «Vivo in un incubo ma non ho nulla da nascondere»

02 dicembre 2017
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PORTO TORRES. Lo spaventoso scenario ha bisogno di personaggi inquietanti, di sguardi che incutono paura, di corporature possenti che incombono. Solo così si può immaginare il presunto responsabile della tragica fine di una ragazza di 22 anni, ricattata per un video a luci rosse fino al punto da indurla a togliersi la vita. Lui invece è minuto, sembra molto più giovane dei suoi 23 anni, e la paura ce l’ha nello sguardo. Appena nomini Michela si chiude a riccio, irrigidendosi dentro il giaccone di tre taglie più grandi. Non è qui per parlare del mistero della morte di Michela Deriu, di cui sostiene di non sapere niente, dice di non avere paura degli investigatori e si augura «che le indagini saranno a 360 gradi. Il mio è più di un desiderio, è una precisa richiesta».

M.C., 23 anni, musicista portotorrese, è uno dei tre indagati per il suicidio della ventiduenne di Porto Torres morta il 5 novembre alla Maddalena a casa di una conoscente. Il ragazzo parla pubblicamente per la prima volta da quando la Procura della Repubblica di Tempio lo ha iscritto – insieme ad un concittadino e a una donna residente in un paese dell’hinterland – nel registro degli indagati per istigazione al suicidio, estorsione e diffamazione aggravata.

Il ragazzo arriva puntuale all’appuntamento e chiarisce subito che non risponderà a domande su Michela e sull’inchiesta. Vuole invece parlare di sè, M.C., di come si sente da quando è stato coinvolto nell’inchiesta sul misterioso suicidio della barista ventiduenne. Afferma di avere accettato l’intervista non per difendersi, perché ritiene di non doversi difendere da nulla. «È proprio questo il punto – precisa –. Io non c’entro niente in questa storia, non ho fatto niente. Non so spiegarmi perché e come proprio io sia finito al centro della indagini, ma so che non ho niente da nascondere». Come dire, anche se è un altro argomento che il giovane musicista tiene a tenere fuori dalla conversazione, che lui non c’entra con la diffusione di un video hard dove Michela sarebbe stata la protagonista e poi la vittima di un ricatto a sfondo sessuale.

M.C. di quel video non vuole proprio parlare e tuttavia implicitamente risponde quando afferma «aspetto con serenità l’esito degli accertamenti. Gli inquirenti facciano tutto ciò che devono fare».

Incensurato, il 23enne di Porto Torres canta in un coro di canzoni popolari dell’Ottocento ma da quando ha ricevuto l’avviso di garanzia esce raramente di casa. «Questo incubo – si incupisce – lo sto affrontando con un fortissimo disagio personale, sostenuto però dai miei amici che mi sono rimasti vicini. Chi mi conosce sa che non c’entro niente».

Ripartiamo da una frase che M.C. pronunciò quando i carabinieri si presentarono alla sua porta, con un mandato di perquisizione e di sequestro di cellulari, computer e tutto il materiale informatico custodito nella sua abitazione. Lui disse ai militari «vi stavo aspettando» e adesso ci tiene a contestualizzare quella frase, sgombrare il campo dalle interpretazioni. «A Porto Torres non si parlava d’altro da giorni – racconta –. Sapevo bene che si faceva anche il mio nome ma non mi chieda il perché. Non lo so. In ogni modo, per questa ragione ho pronunciato quella frase quando sono arrivati i carabinieri».

«Ho la coscienza a posto – insiste per l’ennesima volta –. Scriva che affronto tutti gli accertamenti con la tranquillità di chi non ha niente da nascondere. E che spero che le indagini vengano fatte in tutte le direzioni, come è giusto che sia».

M.C. dice di non conoscere i nomi degli altri indagati «e del resto non voglio neppure saperli. Non mi interessa. In questi giorni le mie preoccupazioni sono altre: gli sguardi della gente, perché a Porto Torres sanno tutti che sono io quello che ha ricevuto l’avviso di garanzia. Sono triste e sconvolto per quanto mi sta accadendo, ma sono anche fiducioso perché la mia coscienza è tranquilla». Se ne va, stringendosi dentro il suo giubbotto extralarge che non lo protegge dagli sguardi e dai sospetti.

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