La Nuova Sardegna

Il giallo di Michela, interrogatori a tappeto

di Gianni Bazzoni
Il centro storico di Porto Torres e Michela Deriu
Il centro storico di Porto Torres e Michela Deriu

Sentite decine di persone. Via alle perizie sui telefonini per capire con chi ha parlato prima di morire

03 dicembre 2017
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PORTO TORRES. É un viaggio tra presente e passato l’inchiesta sulla morte di Michela Deriu, la ragazza di 22 anni di Porto Torres trovata priva di vita nella casa di una amica che l’aveva ospitata a La Maddalena. I carabinieri di Olbia e Porto Torres - che lavorano sotto il coordinamento della procura della Repubblica di Tempio - stanno cercando di unire il percorso che può legare la misteriosa rapina (prima raccontata e poi denunciata dalla ragazza), le sue paure degli ultimi giorni e la fuga dalla città per raggiungere La Maddalena. Una paura trasformata quasi in terrore e che l’aveva portata anche a rinunciare a quel lavoro al Falò Cafè in piazza Garibaldi, a Porto Torres, al quale teneva tanto.

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Quali “scheletri sono tornati”? E perché proprio in quel momento. Quello lasciato da Michela potrebbe non essere l’unico messaggio, potrebbero essercene degli altri, magari anche più precisi. Gli investigatori li cercano e anche per questo stanno continuando a sentire decine di persone, ragazzi e ragazze dell’età della vittima. Chi può essere così potente da spaventare una ragazza? L’orizzonte sembra allargarsi, perché accanto ai racconti più disparati (la storia dei video hard, dei presunti ricatti e dell’altrettanto presunta estorsione, di giri legati alla droga) emerge ora il dramma di una 22enne che ha cercato in tutti i modi di salvarsi. Forse ha riferito le sue paure, magari proprio nel momento in cui ha realizzato di non potercela più fare da sola a gestire una situazione diventata troppo grande per lei.

Chi c’è dietro quella figura che ha terrorizzato così tanto Michela fino a spingerla verso la morte? É una domanda che ormai si fanno tutti. E in che modo la vicenda può essere collegata al denaro e alla misteriosa rapina?

Da casa di Michela erano spariti poco più di mille euro, una parte (450 euro) erano i soldi della mance che lei teneva anche per conto dei colleghi di lavoro. La ragazza non aveva bisogno di soldi, aveva il suo stipendio. Ma se quei soldi sono spariti chi li ha presi? O se non c’erano più per altri motivi a chi doveva fare sapere Michela che erano stati rubati, portati via anche con la forza?

Forse proprio qui si incrociano passato e presente, con figure poco conosciute e altre che, invece, compaiono sulla scena e potrebbero sapere molto più di quanto è emerso finora. Il lavoro degli investigatori è entrato in una fase cruciale. La Procura ha affidato le perizie tecniche ai consulenti su computer, tablet, pendrive. E sui telefonini sequestrati. Una operazione determinante, anche per ricostruire contatti, telefonate, messaggi. Specie quelli degli ultimi momenti, a Porto Torres come alla Maddalena. Michela, prima di lasciare Porto Torres, aveva detto alla sua datrice di lavoro di essere in pericolo: «Devo andare via per un po’», aveva raccontato. Ci sono tre indagati, al momento, sono tre ragazzi. Il più giovane ha detto alla Nuova: «Vivo in un incubo, non c’entro niente. Voglio la verità per Michela».
 

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