La Nuova Sardegna

Comuni falcidiati dai tagli dal 2009 persi 300 milioni

Comuni falcidiati dai tagli dal 2009 persi 300 milioni

La denuncia di Soddu (Cal) che critica anche la Regione: il fondo unico è diminuito Il presidente Pigliaru chiede unità: «Pretendiamo da Roma quel che ci spetta»

06 dicembre 2017
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CAGLIARI . C’è un golpe bianco che ha fatto 377 vittime: sono i Comuni della Sardegna. «Lo Stato ci ha massacrato, con il 43 per cento di finanziamenti in meno dal 2009 al 2015 e ben 300 milioni svaniti nel nulla», ha detto Andrea Soddu, presidente del Consiglio delle autonomie, «ma anche la Regione doveva e può fare di più: il Fondo unico invece di crescere è diminuito dal 2009 a oggi. Era l’11 per cento delle entrate, è sceso all’8, stando alle nostre tabelle, e qui ci sono stati negati altri 170 milioni». Parole affilate, pronunciate nell’aula del Consiglio regionale, in quella che è l’annuale seduta congiunta. Anche se forse sarebbe meglio definirla una riunione di psicoterapia istituzionale, in cui tutto è compresso e centrifugato, dalla diagnosi alla terapia. Perché se è vero che tutti, sindaci, consiglieri e assessori, se la prendono con lo Stato, «è diventato una sanguisuga», poi fra loro si accusano a vicenda, in un battibecco insistente fra centralismo e mancato dialogo. «Dovremmo fare invece fronte comune contro Roma», ha auspicato Antonio Satta, sindaco di Padru, e «chissà perché continuiamo a fronteggiarci come se fossimo controparti, mentre è esattamente il contrario: insieme, in nome e per contro della Sardegna, dobbiamo rivendicare di più dallo Stato». È una strategia però ancora difficile da far passare e proprio questa difficoltà potrebbe essere uno dei motivi per cui la Sardegna non sempre, a Roma, è ascoltata come dovrebbe essere. «Il Consiglio deve sentire di più le sollecitazioni che arrivano dai territori», ha detto il presidente dell’Aula, Gianfranco Ganau, nel ricordare che «con la Finanziaria in discussione, abbiamo la possibilità di lasciare un segno importante in ogni Comune». Mentre oggi – è stato un altro passaggio di Soddu – «noi sindaci troppo spesso siamo lasciati soli in prima linea e questo averci abbandonato, è un attacco evidente ai fondamenti della democrazia». Denuncia su cui Daniela Falconi, sindaca di Fonni, ha costruito la sua parte di requisitoria: «È vero – ha detto – spesso siamo irruenti nel chiedere, ma lo facciamo solo per salvare le nostre comunità. I sindaci non si lamentano, provano invece a tirar su delle barriere, per tenere assieme la gente ed evitare la deriva della violenza, reazione sbagliata ma spesso generata dalla mancanza di risposte alle richieste dei cittadini». Anche lo spopolamento delle zone interne, oppure il conflitto fra Regione e Comuni, o fra Comuni costieri e quelli del Centro Sardegna sono «frutto di visioni troppo locali – ha sottolineato Massimo Zedda, sindaco di Cagliari – in cui siamo impegnati più a cercare colpe e responsabilità, invece di trovare soluzioni». Altri sindaci sono andati oltre: «Lo Stato con i suoi tagli indiscriminati agli enti locali, comprese le Province, ha fallito: il debito pubblico nazionale è aumentato, quello dei Comuni è diminuito. Quindi non ha raggiunto l’obiettivo e ci ha messo sul lastrico». Con la Regione, ha aggiunto Manuela Pintus, sindaca di Arborea, «invece vogliamo confrontarci, però dovete ascoltarci». Dopo gli interventi dei capigruppo Attilio Dedoni, Riformatori, Pierfranco Zanchetta, Upc, Gianluigi Rubiu, Udc, Daniele Cocco, Mdp, Angelo Carta, Psd’Az, Gianfranco Congiu, Pds, Pietro Cocco, Pd e Pietro Pittalis, Forza Italia, è stato il governatore Francesco Pigliaru a chiudere il confronto. «La lunga stagione delle riforme comincia a dare i frutti sperati, gli investimenti sui territori sono tanti, dalla scuola ai cantieri per l’occupazione e, nella Finanziaria, le risorse cresceranno ancora. Dovete riconoscerci – ha detto ai sindaci – che non siamo certo una Regione centralista, anzi, e poi il Fondo unico l’abbiamo sempre difeso e confermato, facendo fronte, anno dopo anno, ai tagli dello Stato. Ora dobbiamo unirci sulle idee di sviluppo e nel pretendere da Roma i soldi che ci spettano». (ua)

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