Il prete showman di San Teodoro diventa star del web per amore dei fedeli
Don Alessandro Cossu reinterpreta le canzoni tormentone. Diventato virale su youtube, «non si deve essere bacchettoni»
INVIATA A SAN TEODORO. In una mano il vangelo, nell’altra lo smartphone. I sacerdoti 2.0 indossano l’abito talare ma sono smanettoni del web. Preti social. Come don Alessandro Cossu, 40 anni, tempiese. Studente svogliato alle medie, macellaio a 12 anni, ventenne aspirante showman in tv. Diverse fidanzate, tante esperienze di vita. A 25 anni la vocazione, poi il seminario. Oggi è docente di Teologia e la guida spirituale della parrocchia di San Teodoro. I social nelle sue mani sono diventati uno strumento di Dio. Facebook e Instagram per tagliare le distanze con tutti quei giovani per cui la Chiesa è roba da vecchi bigotti e Cristo non merita i follower di Fedez. Per i giovani cresimandi della sua parrocchia, 24 in tutto, ha creato una versione religiosa dell’Esercito del selfie di Arisa e Lorenzo Fragola. Che è diventata “L’esercito del Cristo”. L’esibizione con tanto di balletto in chiesa davanti al vescovo ha conquistato il monsignore e il web. Il video dell’esercito del Cristo da lui cantata è diventato virale. Nulla di più normale per un convinto sostenitore di un papa social come Francesco. Facebook a servizio del Signore. E il repertorio divino cresce con “Voglio ballare con te” di Baby K trasformata in “Voglio pregare con te” e “Riccione” dei Thegiornalisti in versione “San Teodoro”.
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Prete con orgoglio. Occhi vispi sotto una montatura nera alla moda, faccia simpatica incorniciata da una barba pettinata con cura, personalità vulcanica. Se non fosse per il clergyman e il crocifisso bianco sul petto si farebbe fatica a capire che è un sacerdote. Ma don Alessandro all’abito ci tiene parecchio e lo indossa sempre. «Significa la mia vita, la mia scelta – racconta –. Come diceva San Giovanni Bosco “Con i giovani si sta da preti”. E io sto con i ragazzi, cerco di capirli e uso i social per avvicinarli a Gesù. Ma sono e resto un prete. Non faccio le cose che fanno loro. Non vado in discoteca anche se mi piace ballare. Non è quello il luogo per evangelizzare. La conosco bene la discoteca, sono stato laico fino ai 25 anni».
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Una vita prima di Dio. Classe 1977, Alessandro Cossu nasce e studia a Tempio. Nell’attestato della terza media la scuola scrive: si consiglia il mondo del lavoro. «Non studiavo, ero ribelle – racconta divertito –. A 12 anni lavoravo saltuariamente in macelleria, a 13 stabilmente. Per tre anni sono stato manovale, poi tecnico delle slot machine a Cagliari». Tra i 20 e i 25 anni, mentre sgrana il rosario di tutti i lavori: muratore, barista, lavapiatti, don Alessandro si rimette a studiare. Si diploma alle magistrali e frequenta corsi di canto, musica, moda. E gira l’Italia facendo provini per entrare nel mondo dello spettacolo. «Era il mio sogno – confessa –. Poi a 25 anni il mio ingresso in seminario, proprio quando mio padre morì. Per me un cambio di vita».
Showman religioso. Il suo carattere e i social sono i grimaldelli con cui entra nel cuore dei giovani. «Qui ci sono tantissimi giovani, li incontro per strada, nelle scuole, ma in chiesa ne vengono pochi – dice –. Sto cercando di fare qualcosa per avvicinarli, per farmi conoscere. E i social sono utilissimi. Certo serve molto impegno, ma il segreto è rendere protagonisti gli stessi giovani. I ragazzi che si sono appena cresimati non spariranno come accade sempre. Perché c’è un parroco che li segue e perché ho creato un rapporto di collaborazione con i genitori. Insieme hanno partecipato alle gite che abbiamo fatto ad Assisi, a Roma. Momenti di divertimento e di catechismo, di socialità e preghiera. Esperienze che li hanno aiutati a capire che la Chiesa non è solo catechismo. La forza è nello stare insieme, noi con loro».
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Stop alla Chiesa triste. Don Alessandro è un sacerdote allegro. E ha una idea della Chiesa gioiosa. Da qui la musica, le canzoni, il sorriso. «C’è chi ha scambiato il video in cui canto l’esercito del Cristo per egocentrismo – sottolinea –. Ho ricevuto tanti complimenti ma anche tante critiche. Anche dai miei confratelli. C’è una Chiesa triste, bacchettona e moralista che non aiuta ad avvicinare i giovani a Gesù. Sia chiaro. Io sono severo, ma non bacchettone. Non impongo solo regole. Ascolto, cerco di capire. Il sacerdote è l’uomo delle relazioni per eccellenza e deve sapersi relazionare con tutti. Bambini, ragazzi, adolescenti. Fare un ballo e cantare una canzone con Cristo al centro, in cui diciamo siamo i soldati di Cristo è una cosa meravigliosa. Re Davide ha ballato lodando Dio. In Africa si prega ballando. Diciamo la verità, la Chiesa è noiosa. Cantare Gesù con le canzoni dei giovani, con la loro musica è un modo per avvicinarli alla Chiesa. E questa è la nostra missione».