La Nuova Sardegna

Il parroco Francesco Mariani: «Non sono pentito, lo rifarei»

di Paolo Merlini
Il parroco Francesco Mariani: «Non sono pentito, lo rifarei»

«Ho spiegato al vescovo Marcia le mie ragioni e ha capito. Anche i fedeli sono dalla mia parte»

10 dicembre 2017
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NUORO. «Non c’è notizia, di cosa dobbiamo parlare?». Da vecchio giornalista (è iscritto all’ordine nell’elenco dei pubblicisti dal 1983) Francesco Mariani risponde a una domanda del collega con un’altra domanda. «Non c’è nulla da dire, sono stato invitato in questura per una chiacchierata informale», dice il sacerdote nuorese salito alla ribalta nazionale per il suo editoriale contro l’accattonaggio, tra cori da stadio della destra anti-migranti e fischi di chi teme una deriva xenofoba. Reazioni entrambe giustificate visto il pulpito, è proprio il caso di dirlo, dal quale proveniva la predica: orunese classe 1956, sociologo, don Mariani è stato direttore della Caritas, è il parroco di una delle più importanti chiese di Nuoro, San Giuseppe, è opinionista di punta di Radio Barbagia e L’Ortobene, house organ della curia nuorese, dove dirige anche il settore comunicazione. «Cerco volontari per andare a fare ‘sos pidores’ (i questuanti, ndr) nell’atrio del comune, della questura e della prefettura», aveva scritto il sacerdote. E la questura lo ha anticipato, convocandolo negli uffici di viale Europa per capirne di più sull’esistenza o meno di un racket dietro l’elemosina che Mariani ha denunciato proprio in un’intervista alla Nuova Sardegna.

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Ha confermato le accuse, don Mariani, fornendo ulteriori elementi su un presunto racket dell’elemosina?

«Posso solo dirle che ho ribadito quanto avevo scritto nell’editoriale e poi sostenuto nell’intervista al vostro giornale. Noto un’organizzazione dietro gli orari e i luoghi in cui operano i questuanti che non mi pare affatto casuale. Alla polizia ho detto che non mi sembra un fenomeno improvvisato. Se domani, dopo gli accertamenti, mi diranno che a Nuoro non c’è alcun racket ne prenderò atto tranquillamente. Ma non sono il solo a pensarla così».

A chi si riferisce?

«Al consigliere comunale Peppe Montesu, per esempio. Anche lui parla di racket, e ha sicuramente più elementi di me».

Veramente Montesu, che chiede al consiglio comunale di votare un’ordinanza contro “l’accattonaggio molesto”, faceva riferimento al suo editoriale. Ma davvero, da sociologo, non si aspettava che le sue affermazioni sollevassero un putiferio?

«No, sinceramente non me l’aspettavo. Mi interessava fare una provocazione, non mi sono inventato nulla: ho detto semplicemente quello che vedo con i miei occhi. Qui, a Nuoro ».

Non crede che in Italia si stia diffondendo un clima xenofobo? Anche a Nuoro del resto è stata aperta una sede di Casa Pound.

«Non sta montando nulla di particolare, secondo me. Assistiamo piuttosto a una dissoluzione della politica, e dunque dei partiti, che sono uno strumento di democrazia».

Si aspettava il plauso di Salvini e della destra più conservatrice?

«Niente mi accomuna con Salvini, se non l’aver letto gli studi di Gianfranco Miglio, l’ideologo della Lega. Per il resto, non sono mai stato fascista né razzista. È la mia biografia a dirlo. Avete scritto che sono vicino alle tesi conservatrici di Comunione e Liberazione: non sono semplicemente vicino, Cielle a Nuoro l’ho portato io, e non ha affatto posizioni conservatrici, in particolare sui migranti. Per non parlare delle tante opere sociali che ha prodotto».

Dopo la polemica la Curia le ha espresso solidarietà o ha preso le distanze?

«Quando è uscito il primo editoriale il vescovo monsignor Marcia era in Argentina. Al suo rientro era incuriosito, voleva capire cosa fosse accaduto. Gliel’ho spiegato dal mio punto di vista e ha capito le mie ragioni».

I fedeli della sua parrocchia come hanno reagito?

«Sono con me al 99 per cento. Anche perché nel quartiere San Giuseppe ci sono molti anziani, che avvertono di più il problema».

Alla luce delle polemiche, riscriverebbe quell’editoriale? Se le è scappata la penna, come succede, non sarebbe meglio ammetterlo?

«No e poi no. Riscriverei quell’articolo esattamente come prima. La mia era una provocazione, direi che ho centrato l’obiettivo».


 

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