La Nuova Sardegna

L’esperto: «Il brado illegale è il vero cancro»

di Antonello Palmas
L’esperto: «Il brado illegale è il vero cancro»

Il docente Vizcaino sconfisse il morbo in Spagna: «La soluzione è l’allevamento estensivo controllato»

31 dicembre 2017
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SASSARI. Un problema vero solo per l’isola, altrove è scomparsa dagli allevamenti. La peste suina africana compie 40 anni, ma la Sardegna ha già calato il suo asso: da qualche anno come consulente della Regione nella lotta al morbo c’è Jose Manuel Sanchez Vizcaino, l’uomo che è riuscito a vincere la battaglia nella sua Spagna e che ha portato il verbo degli abbattimenti. Sessantasei anni, della Murcia («c’è un bel mare, non come quello sardo»), docente di malattie infettive all’Universidad Complutense de Madrid e direttore del laboratorio di riferimento per la Psa della Oie, organizzazione mondiale della sanità animale, una sfilza di prestigiosi incarichi e riconoscimenti. Insomma, il migliore al mondo.

Dal 2015 è consulente dell’unità di progetto per l’eradicazione della Psa. Come ha vinto in Spagna e come vuole ripetersi?

«In Spagna la battaglia durò dal 1985 al 1995 – racconta dal Michigan, Usa –. Nei primi 3 anni andò benissimo con l’intensivo, il 90% del totale, più difficoltà con l’estensivo, a causa dei parassiti. Ma in compenso noi non avevamo a che fare con quello che secondo me (e chiunque abbia studiato il problema) è il cancro della peste suina in Sardegna: il pascolo brado illegale. I metodi utilizzati furono decisi, una vera ecatombe, a differenza di quanto accade nell’isola».

Il brado illegale è il centro del problema, perché?

«Prima di tutto perché è un serbatoio virale. Poi, perché è un ponte tra il domestico e il cinghiale. Da qui la necessità di porre fine a questo sistema, e per la prima volta in 40 anni si sta mettendo in atto una strategia seria, con l’eliminazione di tutti i suini trovati in quella condizione. Sono molto contento di questa decisione, arrivata un po’ in ritardo, ma ritengo sia una gran cosa. Se si continua così si arriverà a un risultato».

Vizcaino ricorda che la peste suina classica fu possibile batterla grazie ai vaccini, ma con la Psa non è possibile.

L’economia bloccata non scuote una mentalità secolare.

«Sono danni enormi, non si può esportare, non si può essere competitivi, i prodotti valgono zero. Io so che ai sardi piacerebbe molto una produzione di assoluta eccellenza come quella del Pata Negra (il miglior prosciutto al mondo, venduto a 250 euro al chilo, ndc). Ma in Spagna il business è stato possibile solo dopo la sconfitta del virus. Nell’ultima settimana è stato avviato un programma serio e non capisco la rabbia degli allevatori; chi vuol fare quel lavoro in maniera professionale non può non tenere presente che il brado è un problema per tutti. Impossibile pensare a un prodotto di qualità senza controlli sanitari e sicurezza alimentare. Se il messaggio non è stato compreso, forse c’è stato qualche difetto di comunicazione».

Due anni fa prevedeva che entro il 2017 la Psa sarebbe stata sconfitta, siamo a Capodanno: è meno ottimista?

«Quando cominciai la collaborazione nell’isola dissi subito che la fine del brado era il primo punto. Sì, siamo un po’ in ritardo con l’eradicazione, è stato complicato, perché c’è un problema socio-culturale in alcune aree del Nuorese e dell’Ogliastra: c’è chi, avendo fatto brado libero tutta la vita, è convinto che sia una cosa positiva. E questo ha ritardato molto la soluzione del problema. Ora abbiamo ridotto molto i focolai nel domestico, sino ad azzerarli. Resta il brado, le analisi sui capi abbattuti dimostrano il suo ruolo nel veicolare il morbo (dal 75 al 100 per cento di animali infettati, ndc).

Il 2018 sarà l’anno buono?

«Credo che potremo farcela. Il futuro? Un estensivo di qualità in terreni ampi, ma rigorosamente recintati, dove gli animali sono praticamente liberi e mangiano i prodotti naturali. Non collaborare a questo progetto è da persone che hanno una visione poco lungimirante, tipico di chi guarda solo vicino a sé».

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