La Nuova Sardegna

Divergenze parallele con i tedeschi

Marcello Fois
Angela Merkel con Martin Schulz
Angela Merkel con Martin Schulz

Dopo quattro mesi di stallo la Germania ora prova a trovare una soluzione per creare un governo - L'OPINIONE

16 gennaio 2018
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Due retoriche contrastanti separano l’idea che noi abbiamo dei tedeschi dall’idea che loro hanno di noi. La prima prevede il pensiero, non sempre positivo, che tutto ciò che viene dalla Germania sia il prodotto di serietà e ponderatezza; il secondo invece prevede che tutto quello che viene dall’Italia sia fantasioso e improvvisato. Sentimenti reciproci nel bene e nel male perché a noi italiani serietà e ponderatezza piacciono assai e ai tedeschi fantasia e improvvisazione pure. Nonostante troppo rigore si trasformi spesso in rigidità, e troppa improvvisazione in lassismo.

Tuttavia, un po’ schiavi dell’idea che ci siamo fatti gli uni degli altri, continuiamo a far oscillare, in rapporto alle necessità storiche, economiche, politiche, i piatti di quella bilancia un po’ qua, un po’ là. Il Rolex di un tedesco viene rubato a Spaccanapoli? Apriti cielo: gli italiani sono mafiosi, fare turismo in Italia e come andare a Beirut. Capita un piccolo incidente in una fabbrica gestita da tedeschi? Ecco come lavorano quei nazisti, lavorare per loro è come entrare in campo di concentramento. I social pullulano di queste continue versioni dei fatti. Qualche tempo fa l’allora nostro primo ministro diede del kapo al capogruppo tedesco dei socialisti al parlamento europeo, generando il giusto biasimo da parte di tutto il mondo civile. Non troppo tempo dopo un’importante rivista tedesca, per descrivere, o meglio riassumere, l’Italia, metteva in copertina un piatto di spaghetti “condito” con una pistola, stesso biasimo generale. Il paradosso è che noi e i tedeschi ci assomigliamo più di quanto ci piace ammettere.

Proprio a partire dalla difficoltà che facciamo a liberarci delle nostre reciproche riserve. Storicamente siamo sempre stati alleati, purtroppo dirà qualcuno, anche se, sempre storicamente, noi italiani, abbiamo, puntualmente, cambiato idea; il che significa che, certo, noi italiani abbiamo la memoria tendenzialmente corta, ma anche loro, i tedeschi, non ce l’hanno troppo lunga: un’alleanza si fa in due no? Le nostre rispettive nazioni sono giovanissime e, sotto molti aspetti, abbastanza labili dal punto di vista della coesione nazionale. Veniamo entrambi da un mosaico di stati e staterelli riuniti con una certa dose di forzature storiche e politiche. Il loro Sud corrisponde in tutto al nostro Nord. I nostri reciproci dittatori si amavano e si odiavano. Le nostre automobili sono perennemente state in competizione. Tuttavia nessuna estate al mondo piace ai tedeschi come quella passata sui litorali italiani e nessun elettrodomestico pare più affidabile agli italiani come la lavatrice tedesca comprata venti anni fa e ancora perfettamente efficiente. La cultura italiana ha inventato la luce, quella tedesca ha inventato l’ego. Noi abbiamo spiegato a loro che farsene di tanta interiorità, e loro a noi fino a che punto la profondità si possa nascondere nella superficie. Abbiamo gradi di tolleranza sociale simili.

Ci differenzia la capacità di coltivare il senso di colpa. Nessun Hesse o Himmler siede, o è mai seduto, sui banchi del democratico parlamento tedesco. Ora, quattro mesi fa, il 24 settembre, i tedeschi hanno votato, riconfermando Angela Merkel, ma mettendole sulle spalle il peso di una maggioranza assai risicata, che l’ha costretta a lavorare strenuamente per sondare tutte le possibili alleanze per la governabilità della sua nazione. Per fare cioè quello che secondo noi italiani è quasi impossibile da fare: abbandonare le proprie rigidità per un bene comune. La qualcosa non avviene istantaneamente, ci vuole tempo. In questo caso quattro interi mesi, un’era geologica vista dall’Italia, una cautela che dà i suoi frutti vista dalla Germania. Tra breve anche noi saremo chiamati alle urne e qualcuno, viste le strettoie della nuova legge elettorale, già paventala necessità di procedere, con pazienza, verso l’idea di costruire larghe intese. Una pazienza tedesca voglio sperare.
 

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