La Nuova Sardegna

I mini ortaggi di Galtellì conquistano gli chef sardi

Antonello Palmas
I mini ortaggi di Galtellì conquistano gli chef sardi

Mamma e due figlie aprono la prima azienda di microgreen isolana: Plantulande. Piante appena germogliate utilizzate in cucina per valorizzare e insaporire i piatti

28 gennaio 2018
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GALTELLÌ. Le grandi idee a volte nascono dalle piccole cose. Come i mini-ortaggi, ad esempio. E in piccole realtà, come una baby azienda a carattere familiare di Galtellì, la prima nell’isola a occuparsi di microgreen. Si tratta di giovane piantine appena germogliate di circa dieci centimetri, coltivate in substrato naturale, che gli chef adorano utilizzare come coreografici e colorati condimenti e abbellimenti dei loro piatti più creativi: dai piselli al ravanello, dalla rucola al cavolo rosso.

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L’azienda si chiama Plantulande, dal latino plantula (piantina) e dal sardo lande (ghianda). «Il nome rievoca la potenza insita in un piccolo seme, capace di sviluppare qualcosa di meraviglioso» spiega Silvia Marras, una delle figlie della titolare Francesca Beccari, che insieme alla sorella Maria porta avanti l’attività. Dalla classica produzione di ortaggi e frutta sono passate a occuparsi, prime nell’isola, di un settore che ha un suo mercato tra i ristoratori sardi. «Siamo un’azienda... in erba – scherza Silvia, laurea in biologia, impiegata di banca con la passione per la natura dentro – La nostra è un piccola produzione destinata a un numero limitato di clienti, crescerà. Il prodotto prima veniva importato dall’Olanda, in Italia c’è qualche azienda del settore».

L’idea nasce quasi per caso: «Abbiamo sempre avuto orti, la passione per la terra è di casa – spiega Silvia – e grazie a i miei studi e a causa di qualche intolleranza alimentari, riempivo la casa di germogli e micropiante alla ricerca di alimenti che garantissero un alto apporto nutrizionale molto concentrato. Mamma si è allora posta il quesito se la cosa potesse interessare anche altri. E siamo partiti. Il proposito non era certo fare business, ma da cliente di ristoranti conoscevo le esigenze particolari degli chef». Così è partito il progetto, una piantina che in pochi mesi non sta più nel vasetto. Perché c’è un’attenzione infinita dietro.

«Abbiamo allestito un piccolo laboratorio di 30 metri quadri esposto alla luce solare che sicuramente dovremo ampliare, non ci aspettavamo un tale interesse – ammette –. Il nostro prodotto è coltivato indoor e, ben conservato in frigo, dura fino a 15 giorni. Chiaro che un modo come quello della ristorazione, che sempre più punta sulla qualità e la freschezza, lo preferisce a uno che arriva dall’estero e non sarà mai come quello locale. Lo coltiviamo nella nostra terra, senza additivi, con sementi non trattate, acqua di sorgente e una luce al led particolare come unica tecnologia per le giornate invernali meno luminose». Questo spiega perché la produzione è così limitata. «Miriamo alla qualità, altrimenti avremmo puntato sulla grande distribuzione».

Inizialmente è stata Plantulande a proporsi ai ristoratori, ma poi la situazione si è rovesciata: «Il riscontro è stato immediato ed entusiasta, d’altra parte è un prodotto che molti utilizzavano, ma non era di facile reperibilità. E poi non esistevano varietà sarde, che sono sempre molto apprezzate». L’interesse per i micro-ortaggi non è puramente estetico: «Hanno un contenuto nutrizionale molto concentrato, ci sono studi secondo i quali è centinaia di volte superiore a quello degli ortaggi convenzionali – dice Silvia –. Si sviluppano in 7-10 giorni, quindi sfruttano tutti gli enzimi del seme che servono per germogliazione e crescita. Così anche il sapore, che si deve sposare con gli ingredienti del singolo piatto, è più intenso. Forniamo un prodotto “vivo”, che va reciso all’occorrenza».

Plantulande non pensa per ora alla vendita al dettaglio: «Potremmo avvicinarci ai consumatori con iniziative come Campagna amica. O organizzare serate sul tema con la collaborazione dei ristoratori. Credo che susciterebbe parecchio interesse, la gente è sempre più attenta alla qualità e genuinità di ciò che trova nel piatto».

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