La Nuova Sardegna

Massimo Moratti: «Ho nostalgia di Stintino, fu come stare in paradiso»

di Roberto Muretto
Massimo Moratti
Massimo Moratti

L’ex patron dell’Inter ricorda la sua infanzia al Rocca Ruja e i colori della Pelosa. Il padre Angelo, la Saras, i rapporti con l’isola e col presidente del Cagliari Giulini

01 febbraio 2018
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SASSARI. Quando parla della Sardegna il suo volto s’illumina. Massimo Moratti ha un rapporto speciale con l’isola. Ha imparato da suo padre Angelo a voler bene a una regione che frequenta da quando era un ragazzino. La Saras (di cui è amministratore delegato), le amicizie, i ricordi, l’Inter, il Cagliari, i cibi sardi. E qualche “chicca” che il presidente tira fuori dal cilindro scavando nella memoria.

Che ricordi ha della prima volta in Sardegna?
«A Stintino, all’hotel Rocca Ruja appena costruito da papà. In quel borgo meraviglioso ho passato per tanti anni le vacanze estive. I colori del mare erano qualcosa di speciale, mi sembrava di stare in paradiso. E poi la gentilezza delle persone che ci facevano sentire come a casa nostra».

Una immagine che non dimenticherà mai?
«Il porticciolo di Stintino. Bellissimo, con strutture datate ma efficienti. Avevamo di fronte l’Asinara, un panorama spettacolare. Le sembrerà una frase fatta ma davvero quelle immagini mi lasciavano a bocca aperta».

La prima volta alla Saras, che cosa le diceva suo padre?
«Lui era vulcanico e aveva appena costruito una raffineria in Sicilia. Ha scelto la Sardegna come centro del Mediterraneo convinto che il progetto sarebbe stato vincente. Non si sbagliava. Papà ci faceva partecipare a tutte le iniziative. Per me e mio fratello Gianmarco, che già era operativo nell’azienda, l’emozione era forte quando esponeva le sue idee. Ci ha insegnato il rispetto per il territorio, abbiamo sentito il suo coinvolgimento per l’inizio di un’avventura che avrebbe avuto successo».

Le amicizie, i rapporti con gli operai della raffineria.
«Papà era legatissimo a Francesco Cossiga. Il Presidente seguiva con affetto le nostre iniziative. Tra di loro c’era una stima illimitata. I suoi rapporti con le istituzioni locali sono sempre stati corretti, il dialogo costante. Ricordo Michele Di Martino, allora sindaco di Cagliari, era uno dei più grandi amici di mio padre».

In pochi sanno che il 50 per cento dell’energia alla Sardegna la fornisce la Saras.
«Naturalmente attraverso altri distributori. Questo è un ulteriore segnale di quanto la mia famiglia sia legata a questa terra. Posso dire che è nel nostro Dna».

Torniamo alle estati a Stintino. Ci racconta il primo episodio che le viene in mente?
«Ero all’esterno dell’albergo Rocca Ruja e chiacchieravo con mio padre. A un certo punto mi giro e vedo dei nostri amici che pagano il conto. Lo dico a mio padre e lui interviene e dice: loro sono miei ospiti. Guardi, quella estate il novanta per cento delle persone che hanno soggiornato nella struttura non hanno pagato. Papà era così, una persona molto generosa».

Molti giocatori della grande Inter hanno casa a Stintino: Bellugi, Corso, Burgnich, Suarez...
«Ancora oggi passano le vacanze lì e questo mi fa enorme piacere. Ricordo le partite con la squadra dell’albergo, i tornei di tennis, Corso che palleggiava in spiaggia e la gente che si fermava a guardarlo. Bellugi che correva sul bagnasciuga della Pelosa. Potevano farlo tranquillamente, la gente era incuriosita, ma discreta».

Suo fratello Gianmarco e la Sardegna.
«Lui è stato più in contatto di me con le autorità dell’isola. Si è calato nella realtà in modo totale. Andava a caccia con le persone del posto e finiva regolarmente a mangiare il porcetto. Tra l’altro gli piace tantissimo. Gianmarco si è affezionato alle abitudini del territorio. Chi lavora alla Saras prova affetto per lui e questo lo inorgoglisce tantissimo».

I suoi figli e la Sardegna.
«Sono felici quando ci vengono. Seguono la nostra attività, sanno che la nostra vita è legata a questa isola».

Non ha nostalgia delle vacanze a Stintino?
«Tanta. Mi manca il profumo di quelle zone. Da sempre la nostra famiglia divideva le ferie tra la Sardegna e Forte dei Marmi. Diciamo che forse da qualche anno preferiamo la seconda destinazione perché in Sardegna ci lavoriamo. Ma prometto che molto presto tornerò a Stintino, ho tanta voglia di rivedere quei posti e come sono cambiati in questi anni».

Presidente, le va di parlare un po’ di calcio?
«Certo, ne parlo tutti i giorni. Anche se non sono più presidente dell’Inter seguo con grande attenzione».

Mi tolga una curiosità, ha consigliato lei a Giulini di acquistare il Cagliari?
«Non è la prima volta che mi fanno la domanda. Non sapevo nemmeno che avesse questa intenzione. Quando mi ha informato l’ho incoraggiato perché il calcio rende la vita più veloce. Ti regala emozioni fortissime. Tommaso ha capito che il Cagliari stava vivendo un momento particolare, si è sentito in dovere di intervenire. Ha fatto benissimo, lui è un appassionato, vive il calcio in modo intenso».

In tanti erano convinti che dietro Giulini ci fosse Massimo Moratti?
«Assolutamente no. Tommaso è tifoso dell’Inter, questo lo posso dire. È stato anche nel cda della società quando ero presidente. Ma posso aggiungere che ha sempre avuto grande simpatia per il Cagliari, probabilmente dovuta al fatto che una parte della sua vita lavorativa è in Sardegna».

Per essere un bravo presidente di una società di calcio, oltre ai soldi, che qualità bisogna avere?
«La pazienza. Essere riflessivi, mai agire d’istinto. Si fa presto a fare cose sbagliate. Ci metterei anche l’umiltà nel sapersi circondare di persone capaci e competenti. Voler fare tutto da soli è l’errore più grande che si possa commettere».

Giulini le ha mai chiesto dei consigli?
«Non ne ha bisogno. Mi chiama quando deve affrontare certe situazioni ma lo fa in modo assolutamente amichevole. Questo, lo dico col sorriso, mi fa piacere perché significa che ha fiducia in me. Ci confrontiamo ma poi lui è libero di fare come crede. Il Cagliari ha un grande presidente, una persona che si sente legata a tutto l’ambiente e non fa mai il passo più lungo della gamba. Questa è una garanzia».

Possiamo dire che le ha prestato Stefano Filucchi ma si è tenuto il diritto di riscatto?
«Mi piace questa definizione. Stefano lavora con noi ed è un collaboratore prezioso. Gli faceva piacere partecipare a questa avventura, figuriamoci se io potevo mettermi di traverso. La sua esperienza, la capacità di gestire i rapporti sono qualità che Filucchi ha sviluppato nel tempo. Quando mi ha parlato della proposta di Giulini gli ho detto: vai e dagli una mano».

Il calcio di oggi le piace?
«No. Però ho la speranza che chi prenderà in mano le redini della Federazione metta le cose a posto. In questo momento serve mettere da parte le ambizioni personali, dare risponde alla gente, ai tifosi. Che poi non chiedono la luna ma solo trasparenza, capire quello che sta succedendo. Io sono da sempre nel calcio e non ho capito quello che accade. Non è un bel segnale».

In tanti dicono così: il calcio ai calciatori. Lei che cosa ne pensa?
«Sono assolutamente d’accordo. Guardi, mi fa male vedere gente come Del Piero, Maldini, Baggio, ma anche altri, non fare parte di questo mondo. I calciatori hanno esperienza diretta, idee, cultura e soprattutto sanno cosa vuol dire rispettare le regole».

C’è un calciatore sardo che avrebbe portato all’Inter?
«Intanto c’è stato Matteoli, un ragazzo che teneva unito lo spogliatoio. Un calciatore che mi sarebbe piaciuto avere all’Inter è stato Pierluigi Cera. Se oggi fossi ancora presidente, proverei a prendere Barella».

Soffre di più adesso che fa solo il tifoso o quando era alla guida dell’Inter?
«Adesso soffro solo durante le partite, poi ho altro a cui pensare. Da dirigente la tensione era quotidiana. Sono contento di aver speso tanti soldi ma so di avere fatto felici tante persone che tifano Inter»

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