La Nuova Sardegna

fondi ai gruppi  

Peculato, tre di An andranno a giudizio. La difesa: «Un parere li scagiona»

di Mauro Lissia
L'aula del consiglio regionale
L'aula del consiglio regionale

Mario Diana, Antonio Angelo Liori e Matteo Sanna, tutti ex consiglieri regionali devono scegliere ora il dibattimento pubblico o il rito abbreviato


02 febbraio 2018
3 MINUTI DI LETTURA





CAGLIARI. Mario Diana, Antonio Angelo Liori e Matteo Sanna, tutti ex consiglieri regionali di An, vanno a giudizio con l’accusa di peculato. Il 6 febbraio sceglieranno se andare al dibattimento pubblico davanti ai giudici del tribunale collegiale o se chiudere il procedimento in abbreviato davanti al gup Ermengarda Ferrarese. Stessa sorte per Giuseppe Fadda della Sinistra Autonomista, finito chissà come con gli onorevoli di destra in una sorta di larga intesa giudiziaria: il giudice ha accolto la richiesta del difensore Gianluca Grosso e l’ha rinviato a giudizio col gruppo degli ex di Rifondazione capeggiato da Luciano Uras. Sarà chiamato a difendersi davanti alla seconda sezione a partire dal 6 aprile.

Le altre novità dell’udienza del 2 febbraio: l’avvocato Ivano Iai, che difende Sanna - gli altri difensori sono Massimo Delogu, Michele Loy e Roberta Campesi - ha consegnato al giudice Ferrarese un fascicolo di documenti ottenuti dal consiglio regionale in base alle norme sulle indagini difensive. Sono i verbali delle sedute del collegio dei questori per l’approvazione dei conti consuntivi per gli anni dal 2004 al 2012, più altri documenti e delibere di rendicontazione che dovrebbero servire a dimostrare come gli imputati, nella gestione dei fondi destinati all’attività del gruppo, si siano sempre mossi entro il solco della legalità.

Infine l’annunciato parere pro veritate firmato dal collegio di docenti composto da Giuseppe De Vergottini, Luca Antonini e Carola Pagliarin: il giudice ha sciolto la riserva e l’ha acquisito al fascicolo processuale col parere favorevole del pm Marco Cocco. Si tratta di un’analisi giuridica molto approfondita sull’uso dei fondi che la presidenza del consiglio regionale assegnava ai gruppi politici, quelli che la Procura sostiene siano stati usati per scopi diversi da quelli istituzionali grazie alla consuetudine di accreditarli benevolmente sui conti correnti privati degli onorevoli ad ogni fine del mese.

Secondo l’avvocato Iai il parere dei tre accademici è stato reso in termini oggettivi e non di parte, infatti - ha spiegato l’avvocato Iai - a leggere le 33 pagine del documento emerge che, come hanno sempre sostenuto la Procura e i tribunali che finora si sono espressi, il rendiconto delle spese sostenute dagli onorevoli è sindacabile ma al tempo cui si riferiscono le accuse (gli anni 2004-2012) non c’era l’obbligo di rendicontazione analitica e neppure quello di allegare i giustificativi, questo in base a una vecchia delibera approvata ai tempi dell’amministrazione Floris.

Per i tre docenti «la mancanza di una coeva giustificazione della spesa non integra di per sé, in via automatica, il reato. Il quale - prosegue il parere - discende invece pur sempre dalla sussistenza di una condotta caratterizzata dagli elementi oggettivi e soggettivi tipici dello stesso». In altra parole, perché si possa parlare di peculato non basta che i soldi siano spariti dopo un passaggio nelle tasche dei consiglieri regionali, ma dev’esserci negli atti del procedimento la prova che gli onorevoli li abbiano utilizzati consapevolmente per scopi diversi da quelli previsti.

Tesi peraltro molto battuta dai difensori nei vari processi conclusi fino ad oggi, che non sembra aver convinto giudici dei vari gradi, compresi quelli della Corte di Cassazione. I pronunciamenti anche recentissimi dei magistrati supremi di Roma vanno in direzione opposta: la mancata rendicontazione delle spese integra comunque il reato di peculato. Ed è a questi pronunciamenti che finora si sono chiaramente attenuti i giudici di Cagliari e anche i tribunali delle altre regioni in cui i consiglieri regionali sono finiti negli stessi guai giudiziari.

A leggere il capo d'imputazione Diana - già a giudizio per un’altra legislatura - è sotto accusa per non aver rendicontato spese per 143.849 euro come tesoriere del gruppo di An, Liori per 168.471, Sanna per 124.846 euro e Fadda 21.714 più altri 391.941 euro come amministratore del gruppo della Sinistra Autonomista.

Altri due ex consiglieri di An, Ignazio Artizzu e Giovanni Moro hanno scelto il giudizio abbreviato e dovranno presentarsi davanti al gup il primo marzo, difesi dagli avvocati Massimo Delogu e Lorenzo Galisai.

©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

In Primo Piano
La sentenza

La Corte Costituzionale cassa le “norme estranee” fra quelle sanitarie che la Regione aveva inserito nella legge di stabilità 2023

Le nostre iniziative