La Nuova Sardegna

 

Fine vita, dopo la legge la parola passa ai Comuni

Fine vita, dopo la legge la parola passa ai Comuni

Adesso le comunità locali devono procedere con l'istituzione dei registri del Dat, la dichiarazioni anticipata sui trattamenti sanitari

08 febbraio 2018
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SASSARI. La legge sul biotestamento è in vigore. Patrizia Cocco, 49enne di Nuoro, è stata la prima in Italia a usufruire della libertà di scegliere. Lo ha fatto quando la malattia, nel suo caso la Sla, aveva già preso il sopravvento.Lo ha potuto fare grazie alla legge approvata il 14 dicembre 2017, che prevede che una persona, capace di intendere e volere, possa rifiutare qualsiasi trattamento invasivo. Ma il no all’accanimento terapeutico può essere espresso anche in forma preventiva attraverso la Dat, ovvero la dichiarazione anticipata di trattamento.

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La Dat può essere presentata nei Comuni o dal notaio. Cosa che si poteva già fare prima, quando la legge era solo auspicata da chi da anni è in prima linea per i diritti civili. E infatti in molte città e in piccoli centri amministratori progressisti si erano portati avanti e avevano istituito i registri, che non avevano ai tempi alcun valore giuridico, ma erano solo un segnale di civiltà. Ora, però, quelle dichiarazioni rilasciate anni addietro ai Comuni acquistano efficacia. E in Sardegna non sono così poche. Anche perché la prima istituzione ad approvare il registro per il testamento biologico fu la Provincia di Cagliari, per volontà dell’allora assessora Angela Quaquero e del presidente Graziano Milia. Era il 2009 e l’Italia era ancora scottata dal caso di Eluana Englaro, che aveva portato allo scontro istituzionale - senza precedenti - tra il premier Silvio Berlusconi e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

La Provincia di Cagliari fu la prima in Italia a dare il via libera al registro sul testamento biologico. Ma poi anche alcuni Comuni seguirono l’esempio. Il primo fu Tempio, che diede l’ok al registro nel 2011. Poi fu il turno di Porto Torres, Carbonia, Serrenti, Capoterra, Ozieri, Birori, Silanus, Bortigiadas. Tutti salutarono il sì del proprio consiglio comunale come una affermazione della civiltà. Tra le città capoluogo la prima è stata Cagliari, che ha approvato il registro per le Dat nel 2016, mentre nel 2017 è stato il turno di Oristano. Tutte approvazioni arrivate prima del sì alla legge. Via libera dunque dovuti più alla sensibilità degli amministratori che a un obbligo.

Ora, però, c’è una legge che vieta l’accanimento terapeutico, che prevede la creazione dei registri per raccogliere le dichiarazioni anticipate di trattamento. E dunque i Comuni sono tenuti a istituirli. La prima a farsi avanti è stata Sassari, dove la giunta Sanna nei giorni scorsi ha approvato una delibera con cui ha attivato, in maniera immediata, il registro che raccoglie le dichiarazioni anticipate di trattamento. Chi intende depositare il proprio testamento biologico deve indicare negli uffici comunali una persona di fiducia, anch'essa maggiorenne, che ne faccia le veci e li rappresenti nelle relazioni con medici e strutture sanitarie. La persona indicata accetta la nomina attraverso la sottoscrizione del documento o con un atto successivo da allegare alle dichiarazioni anticipate di trattamento e può rinunciare alla stessa con atto scritto e comunicato al disponente. Le dichiarazioni devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata, e sono rinnovabili, modificabili e revocabili. (al.pi.)
 

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