La Nuova Sardegna

La commissione accusa: uranio e morti, c’è il nesso

Luca Rojch
La commissione accusa: uranio e morti, c’è il nesso

Il presidente Scanu: «Stop al negazionismo». Ma scoppia la polemica

08 febbraio 2018
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SASSARI. Un missile che fa saltare in aria la casamatta della Difesa. Un siluro che sbriciola un muro che sembra fatto di bugie. La relazione finale della commissione di inchiesta sull’uranio impoverito è un devastante atto d’accusa. Per i parlamentari che hanno redatto il documento ufficiale c’è un nesso causale tra l’uso dell’uranio impoverito e le morti dei militari colpiti da tumori. Un atto di accusa che pesa come una montagna. E una svolta epocale in uno dei temi più controversi degli ultimi decenni. La commissione presieduta dal deputato del Pd Gian Piero Scanu con un atto di coraggio lancia la sua accusa. E non si limita generiche dichiarazioni. Invia tutta la relazione a diverse Procure. Segnala tre casi specifici su cui indagare.

Il terremoto. Secondo la commissione sull’uranio, ma anche sull’amianto sono state scoperte «criticità sconvolgenti». Scanu critica il «negazionismo» della Difesa. Lo Stato maggiore dell’esercito definisce inaccettabili le accuse mosse dalla commissione. E sul terremoto che arriva dalla relazione parlamentare si apre una feroce polemica.

La battaglia. La relazione finale è passata con 10 voti a favore e 2 contro, quelli di Elio Vito e di Mauro Pili. Scanu non sembra né sorpreso, né intimorito dalla risposta dei vertici dell’esercito. E ha annunciato la trasmissione del documento alla procura di Roma perché valuti le ipotesi di reato. Il parlamentare Pd ha come altre volte ricordato il lavoro fatto per abolire la “giurisdizione domestica”, il fatto che a giudicare sulle malattie in servizio dei soldati sia una commissione militare, e non l’Inail come per tutti gli altri lavoratori. Ma lo scontro diventa durissimo sul «nesso di causalità tra l'esposizione all'uranio impoverito e le patologie denunciate» dal personale in divisa.

Il passo doppio. E su questo punto si è anche scatenata una polemica feroce. La relazione riporta l’audizione sotto giuramento di Giorgio Trenta, presidente dell’associazione italiana di radioprotezione medica, che ha «riconosciuto la responsabilità dell’uranio impoverito nella generazione di nanoparticelle e micropolveri, capaci di indurre i tumori che hanno colpito anche i nostri militari inviati ad operare in zone in cui era stato fatto un uso massiccio di proiettili all'uranio». Ma l’esperto fa un passo indietro e parla però di «parole travisate, non ho mai detto che l'uranio impoverito è responsabile dei tumori riscontrati nei soldati». Scanu impiega appena qualche minuto a sconfessare le dichiarazioni di Trenta e mostra la perizia firmata dall’esperto. A pagina 16 c’è scritto: «È necessario demolire una volta per tutte l'ipotesi che l'uranio, in quanto tale, possa essere la causa di induzione di tumori nei militari che hanno soggiornato in luoghi bellici ove lo stesso è stato utilizzato. Se si continuasse a perseguire tale ipotesi, considerando le caratteristiche fisiche dell'uranio, si sarebbe portati a negarne la responsabilità. Invece, deve essere ricordata la responsabilità di tali proiettili nel generare le nanopolveri, che sono la vera causa dell'induzione di molte forme tumorali. In conclusione, si può affermare, mutuando dalla criminologia, che l’uranio è il mandante e le nano-polveri l'esecutore».

L’atto di accusa. Tutta le relazione è un pesantissimo atto di accusa. Si punta il dito anche contro la magistratura che in molti casi non è intervenuta per tutelare la salute dei militari. La commissione ricorda anche la forte presenza di amianto in navi, aerei ed elicotteri. «Solo nell'ambito della Marina Militare 1.101 persone sono decedute o si sono ammalate per patologie asbesto-correlate».

Il peso politico. La relazione ha effetti anche sulle servitù militari nell’isola. L’accordo appena rivisto rischia di diventare già insostenibile. La possibilità di sparare nei poligoni potrebbe essere rimessa in discussione. Anche perché la commissione conferma che a Capo Teulada c’è un’area, la Penisola Delta, usata da oltre 50 anni come zona di arrivo dei colpi. Interdetta in modo permanente. Nessuno si può avvicinare. Sull’area ci sono tonnellate di residuati bellici che contengono quantità di inquinanti in grado di contaminare suolo, acqua, aria, vegetazione, animali. E l’uomo. Non sorprendono, a questo punto, le indagini condotte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari per il delitto di disastro doloso.

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