La Nuova Sardegna

Legge della scuola ferma i sindacati all’attacco

di Silvia Sanna
Legge della scuola ferma i sindacati all’attacco

Dall’incontro tra i sindaci Sanna e Zedda una nuova spinta al confronto sull’istruzione Cherchi (Uil): servono strumenti per arginare la dispersione e migliorare la qualità

14 febbraio 2018
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SASSARI. Il disegno di legge è fermo dal 2006, tre giunte regionali dopo nessuno ha pensato di riprenderlo in mano e provare a trasformarlo in qualcosa di concreto. Eppure i solleciti non mancano: soprattutto i sindacati chiedono da tempo che la Sardegna si doti di una legge regionale per l’istruzione. L’argomento è stato sollevato dal sindaco di Cagliari Massimo Zedda nell’intervista doppia con il collega di Sassari Nicola Sanna pubblicata sulla Nuova. Secondo Zedda una legge regionale dell’istruzione potrebbe arginare il fenomeno dilagante della dispersione scolastica, che in Sardegna supera il 20 per cento. Vero, dicono i rappresentanti, ma non solo: grazie a una legge calata sul territorio si potrebbe infatti riuscire a formare quelle figure professionali che il mercato dell’isola richiede. Per esempio individuando nuovi indirizzi specifici per le zone interne aggredite dallo spopolamento e in ginocchio per la disoccupazione.

Il disegno di legge. Era il 2006, giunta di centrosinistra guidata da Renato Soru. L’allora assessore alla Pubblica istruzione Elisabetta Pilia portò in giunta il disegno di legge composto da 45 articoli: il testo era stato pensato con l’obiettivo di fare crescere la qualità dell’istruzione pubblica in Sardegna e contrastare la dispersione. Dopo l’approvazione da parte della giunta, il disegno di legge finì in un cassetto, dimenticato.

L’appello dei sindacati. Cgil, Cisl e Uil su questo argomento viaggiano compatti: «Una legge per l’istruzione serve con urgenza per proporre una offerta formativa più adeguata e per calibrare i numeri sulla base delle caratteristiche particolari della Sardegna», dice Alessandro Cherchi, segretario regionale Uil scuola. «La nostra regione ha una densità abitativa bassissima, soprattutto nelle zone interne. Per questo, anche se c’è una certa tolleranza, i parametri ministeriali sui numeri minimi di studenti per classe e per scuola sono deleteri. Sempre più scuole chiudono e vengono accorpate, con il conseguente svuotamento del territorio. Con una legge regionale si potrebbero stabilire numeri più adeguati alla realtà. Non solo: consentirebbe di avere più libertà d’azione individuando nuovi indirizzi e chiudendo quelli inutili, valorizzando la formazione tecnica , formando i professionisti utili sul mercato. Per fare questo – conclude Cherchi – servono poteri, serve una legge. Serve che la politica si attivi».

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