La Nuova Sardegna

Legge sulla scuola l’ex assessora Pilia: la mia ferma dal 2006

di Silvia Sanna
Legge sulla scuola l’ex assessora Pilia: la mia ferma dal 2006

Esponente della giunta Soru, firmò il testo abbandonato «Peccato, si sarebbero evitate chiusure e accorpamenti»

15 febbraio 2018
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SASSARI. Ricorda come già nel 2006 lo spopolamento delle zone interne facesse paura e sembrasse un fenomeno inarrestabile. E di fronte a piccoli paesi che si svuotavano e alla fuga delle famiglie – soprattutto quelle con bambini – verso le città, era evidente quanto fosse importante lottare per mantenere i presìdi nel territorio. La scuola innanzitutto. L’allora assessore alla Cultura e Pubblica istruzione Elisabetta Pilia, per più di un anno girò la Sardegna incontrando i rappresentanti del mondo della scuola e del sindacato. Obiettivo: trovare l’intesa per una legge sull’istruzione, in modo che la Regione potesse avere il potere per guidare le scelte senza subirle dal governo centrale. L’assessore Pilia riuscì a fare approvare dalla giunta il disegno di legge prima delle sue dimissioni dall’esecutivo guidato da Renato Soru. Dodici anni dopo, nulla è cambiato. Il problema è stato sollevato qualche giorno fa dai sindaci Massimo Zedda (Cagliari) e Nicola Sanna (Sassari) durante un confronto alla Nuova Sardegna. Immediate anche le reazioni dei sindacati, che la legge la sollecitano da tempo. Eppure il testo c’è: chiuso in un cassetto a prendere polvere da 12 anni. Non è mai arrivato in Consiglio e la Sardegna ancora non ha una legge regionale per l’istruzione. «Un grande peccato – dice l’ex assessore – perché con quello strumento la Regione avrebbe avuto molta voce in capitolo rispetto alle decisioni del Ministero. E alcune chiusure e accorpamenti si sarebbero evitati». L’ex assessora Pilia, che dopo l’esperienza in politica ha continuato a occuparsi di beni culturali, archivi e musei (da un anno è direttrice di Casa Gramsci), si riferisce ai piani di dimensionamento che stabiliscono rigidi parametri sul numero di studenti per classe e per scuola. «La Sardegna ha vaste zone scarsamente popolate, l’applicazione di quei parametri, pur con alcune deroghe, ha portato a chiusure e accorpamenti. E il processo andrà avanti parallelamente allo spopolamento se la politica non metterà un argine. Nel mio disegno di legge si prevedeva la possibilità di entrare nel merito delle proposte ministeriali attraverso la Conferenza Stato-Regioni, così da calibrare i numeri alla realtà. Perché le zone interne sono diverse dalle città. E la Sardegna è una terra di micro comuni, la maggior parte sotto i cinquemila abitanti. Se nei piccoli paesi chiudi la scuola, le famiglie vanno via. Non solo: la scuola lontana incide sul problema della dispersione. Ma il disegno di legge puntava anche a migliorare l’offerta formativa». Come? «Proponendo nuovi indirizzi legati ai territori, al patrimonio e alla cultura, e misurati sulle richieste del mercato. L’obiettivo era aumentare il senso di appartenenza a determinate zone, rallentando così il processo di spopolamento. Per esempio, il testo prevedeva l’insegnamento della lingua sarda nelle diverse varianti. In quel periodo il mio faro era il Trentino, che grazie alla sua legge regionale per l’istruzione ha allargato gli spazi per l’autonomia, con margini di manovra importanti sia nell’ambito del dimensionamento sia nell’offerta formativa. E la scuola in Trentino – aggiunge Elisabetta Pilia – è un’eccellenza in Italia». E in Sardegna?: «In questi anni è mancata la volontà politica. Per la scuola sono state fatte cose positive, penso al piano Iscol@, ma si tratta di interventi che non risolvono il problema. Serve una cornice normativa. E quella la può dare soltanto la legge».

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