La Nuova Sardegna

La pioggia è arrivata ma la stagione irrigua resta a forte rischio

di Antonello Palmas
La pioggia è arrivata ma la stagione irrigua resta a forte rischio

Situazione grave nella Nurra e nel Sulcis, perdite al 30% L’assessore Caria: ragioniamo su reflui e dissalatori

04 marzo 2018
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SASSARI. La speranza è che continui a piovere in questi giorni e che prosegua nel resto di marzo e ad aprile. L’agricoltura sarda si affida al buon cuore del meteo per garantirsi un futuro in questa stagione. È questo il settore che assorbe la maggior parte della risorsa, il 70 per cento, ma la precedenza va agli usi potabili. E in aree come il Sulcis (dove si rischia seriamente di non poter avviare la stagione irrigua) e la Nurra, dove in questo momento non ci sono ancora i numeri, la situazione è davvero seria. Rischio-razionamento nel consorzio Nord Sardegna (a eccezione dell’area della Bassa valle del Coghinas).

«Quest’anno i bacini sono molto al di sotto rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, c’erano 37 milioni di metri cubi – dice il presidente del consorzio di bonifica della Nurra, Gavino Zirattu –. Anche se ora piove, per riprendersi ci sarebbe bisogno di una stagione di precipitazioni straordinaria. Basti pensare che a settembre c’erano poco meno di 10 milioni tra Temo, Cuga e Bidighinzu: mai visto. Una stagione delle piogge tardiva ha fatto crescere sino a 27 milioni i metri cubi invasati e qualche altro milione sta entrando in queste ore. Ma siamo ancora sotto il livello che fa scattare l’erogazione per l’agricoltura, sino a 40 milioni l’acqua è titolata per uso potabile. Siamo quindi molto preoccupati. La Nurra rischia di diventare un deserto, con danni anche ambientali».

Uno dei crucci di Zirattu è che «da 4 anni è stata realizzata una condotta per l’utilizzo dei reflui di Sassari secondo un progetto che prevedeva di utilizzare il Cuga come bacino ad hoc per le acque trattate da usare in agricoltura. La Regione ha però cambiato idea, affermando che il Cuga è strategico per Alghero. Si è optato per un bypass che però non consente di sfruttare la risorsa tutto l’anno, ma solo nella stagione irrigua. E così si sono persi 48 milioni di metri cubi».

Va un po’ meglio il nordest, dove però permane l’ipotesi razionamento. «Non abbiamo ancora dati ufficiali, ma certo piogge e nevicata di questi ultimi giorni ci hanno aiutato – spiega Marco Marrone, presidente del consorzio della Gallura –. L’ultimo dato parlava di 53-55 milioni metri cubi nel Liscia, ma proprio nelle aree di invaso c’era neve e questo ci fa ben sperare. È già due anni che turniamo (tre volte a settimana, un’ora a ettaro), speriamo di non doverlo fare per il terzo». Progetti? Due sono già finanziati, uno per il prelievo dal Padrongianus (assessorato lavori pubblici) e uno per la rete di distribuzione (assessorato agricoltura), in vista ce n’è un terzo più importante in termini economici e volumetrici, quello sul monte Tova (Arzachena), area importantissima per la posizione geografica e che non necessiterebbe di stazioni di pompaggio». Ma, secondo Marrone, «forse i problemi non sono mai stati affrontati con la necessaria determinazione», già da quando divenne evidente il fatto che il clima fosse in evoluzione.

«La risorsa idrica va governata al meglio evitando sprechi inutili e ottimizzandone l’uso con una gestione oculata e intelligente – dice l’assessore dell’Agricoltura Pier Luigi Caria –. Per questo ci siamo mossi su tre direttrici d’intervento: recupero delle perdite nella rete, incentivo dell’uso dei reflui e installazione dei contatori nelle campagne. Non si può pensare di fare nuove condotte, che comunque abbiamo finanziato, se quelle esistenti vengono utilizzate per appena un terzo e se dei 450 milioni di metri cubi d’acqua messi a disposizione dell’agricoltura oltre il 30% si disperde nelle reti colabrodo». Caria ricorda inoltre «l’intervento, su cui abbiamo investito 4,5 milioni dei 30 stanziati nel 2017 con i fondi Fsc per i consorzi di bonifica, che riguarda l’installazione nelle campagne di migliaia di contatori. I nostri agricoltori non pagheranno più un forfettario a ettaro-coltura, ma ciò che si consuma. L’obiettivo è ridurre i costi e eliminare gli sprechi. Si sta poi ragionando sui dissalatori, in alcune aree del mondo vero salvagente in caso di siccità perduranti: abbiamo il dovere di guardare avanti e di non farci trovare impreparati nelle emergenze».

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