La Nuova Sardegna

Elezioni, Renato Soru: «Scelte sbagliate, la dirigenza Pd si faccia da parte»

di Silvia Sanna
Renato Soru
Renato Soru

L’eurodeputato ed ex governatore commenta la sconfitta: «Le candidature sono state gestite in maniera centralistica»

07 marzo 2018
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SASSARI. Il primo passo da fare è indietro, per iniziare a ricostruire un partito a pezzi. Renato Soru in un Pd vincente, che unisca e appassioni ci crede ancora, nonostante «l’amarezza per una sconfitta cocente che ci restituisce un partito totalmente diverso, non più capace di porsi al centro della scena politica, forse neppure al centro dell’opposizione». L’ex governatore, ex segretario regionale e attuale europarlamentare dei Dem, ha appena ascoltato le parole di Matteo Renzi. Ma, confessa, il senso non gli è apparso chiarissimo.

Il segretario del Pd ha annunciato le dimissioni, è una decisione giusta?
«Si è dimesso? Non mi pare. Ha detto che si dimetterà. Ma quando? E poi: ha detto no agli inciuci, il Pd farà opposizione. Ma normalmente chi si dimette non detta in maniera così netta l’agenda e la linea politica al partito».

Pensa che siano finte dimissioni?
«Dico che abbiamo perso malamente e che abbiamo fatto una proposta politica che non è arrivata. Ora staremo a vedere che succede nelle prossime settimane. Ma intanto dico questo: dopo il passo indietro della dirigenza nazionale non mi aspetto niente di meno da quella regionale».

Quindi si augura che il segretario Cucca lasci l’incarico?
«Dico che per ripartire c’è bisogno di rinnovamento. E il Pd che in Sardegna si è ridotto ad avere solo 3 parlamentari deve ricominciare con un progetto diverso rispetto a quello di chi ha guidato il partito in questa campagna elettorale».

Quanto ha contato la scelta dei candidati sul responso delle urne?
«Le candidature non sono state individuate bene, sono state gestite in maniera centralistica senza tenere conto di tanti aspetti».

Crede che con altri nomi il risultato sarebbe stato diverso per il Pd?
«Forse sarebbe stato meno disastroso ma non avrebbe comunque evitato la sconfitta. Lo dimostra il fatto che non siano stati eletti parlamentari uscenti come Silvio Lai e Francesco Sanna che nella scorsa legislatura hanno lavorato molto bene e seguito con attenzione vicende importanti. Penso per esempio all’inchiesta Moby Prince per Lai e al suo impegno per Porto Torres».

Candidature a parte, che cosa non ha funzionato?
«Siamo stati incapaci di comunicare. A livello nazionale il centrosinistra ha fatto cose buone in questi 5 anni dopo avere ereditato un Paese lasciato in condizioni disastrose dal centrodestra. Dopo le politiche austere ma necessarie del governo Monti, con noi il Pil ha ripreso lentamente a crescere e sono state approvate riforme importanti per la famiglia e per il lavoro. Purtroppo però siamo stati percepiti come un governo tecnico che imponeva una cura senza badare ai disagi dei pazienti».

Si spieghi meglio.
«Intendo dire che nei momenti di difficoltà economica come quelli che ha attraversato l’Italia è necessario parlare, spiegare continuamente le proprie azioni, fare vedere e condividere una prospettiva. Questa vicinanza nei confronti di chi affrontava disagi non si è sentita. E questo ha favorito la diffusione degli estremismi di destra e di estrema destra. Pensavamo di essere indenni, invece...».

La lontananza dall’elettorato è stata fatale anche in Sardegna?
«Il risultato del Movimento 5 stelle dimostra che abbiamo mancato in tutto questo. E poi bisogna aggiungere la conflittualità che ci accompagna da sempre, le correnti che hanno un senso se stimolano le idee e arricchiscono il dibattito politico. Non se si limitano a litigare unicamente sulle candidature. La verità è che da parecchio tempo non riusciamo ad avere un confronto sereno, abbiamo pensato soltanto a carriere e personalismi. E questo ha fatto sì che altri si impadronissero di temi che erano nostri».

Come la tutela dell’ambiente e del paesaggio?
«Si, ma non solo. Penso ai beni culturali, allo sviluppo tecnologico, alle servitù militari. Tutti temi intorno ai quali avevamo immaginato un’idea di Sardegna diversa. Avevamo una prospettiva, una visione che si è persa per strada».

Il Pd è un malato terminale o può essere ancora salvato?
«Serve un rinnovamento importante, ci sono tanti giovani, amministratori locali e non, che possono diventare risorse importanti. È necessario recuperare la fiducia della gente, mostrarci per quello che siamo, persone con voglia di fare».

Tra un anno ci saranno le Regionali, il Pd farà in tempo a risollevarsi?
«In un anno può succedere di tutto. L’importante è partire subito».

Nello scenario nazionale che cosa si augura?
«Credo sia giusto che chi ha vinto venga messo alla prova: solo così si renderà conto di quanto è complicato governare un Paese. Anche gli elettori capiranno che le competenze sono essenziali. E noi a quel punto dovremo essere pronti».

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