La Nuova Sardegna

Dina, 10 anni fa il delitto a Gavoi

Dina, 10 anni fa il delitto a Gavoi

Le sarà intitolata una sala a Cagliari. La sorella: troppe donne vittime di violenza

08 marzo 2018
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SASSARI. Ci sarà un nome all’ingresso della sala che ospita la Commissione regionale per le pari opportunità. E sarà quello di Dina Dore, uccisa 10 anni fa – era il 27 marzo del 2008 – a Gavoi: per quel delitto è stato condannato all’ergastolo il marito Francesco Rocca, considerato il mandante. Dieci anni dopo, la sorella di Dina racconta che in quei momenti di dolore terribile per la morte di Dina «nessuno di noi riusciva a immaginare che ci sarebbe stato un dopo, senza di lei. E invece eccoci qui – dice Graziella Dore – in preda a un dolore che brucia ancora, lancinante, perché la ferita non guarirà mai. Ma siamo qui, orgogliosi e felici che la nostra Dina non sia stata dimenticata. Anzi, che suo malgrado sia diventata un simbolo delle donne vittime di violenza: sono tante, troppe, che muoiono ogni giorno e subiscono abusi, vessazioni, ingiustizie». Graziella Dore questa mattina sarà a Cagliari «insieme alla mia famiglia, ai miei fratelli e a qualche altro parente» per assistere alla cerimonia dell’intitolazione della sala alla sorella Dina. Era stata la stessa Commissione, presieduta da Gabriella Murgia, a fare la proposta, fatta propria dal presidente della Regione Francesco Pigliaru e approvata dalla giunta. «E noi siamo felicissimi, è un grande onore. Anche perché la cerimonia avverrà l’8 marzo, il giorno della Festa della donna. Non solo: tra pochi giorni saranno 10 anni che Dina non è più con noi». La mancanza si sente, è qualcosa che toglie il fiato «e sarà sempre così», dice Graziella. «Lei ci manca ogni giorno ed è sempre con noi anche se in maniera diversa. Perché i ricordi, le persone, qui tutto ci parla di lei». Ma non c’è solo Dina e a ricordarlo è proprio Graziella, una delle persone che l’amava di più al mondo: «Le donne che hanno sofferto e che sono state uccise da mariti, compagni o ex fidanzati dovrebbero essere ricordate tutte. Perché sono vittime allo stesso modo». Ecco perché è giusto andare in piazza, organizzare le manifestazioni «così che nessuna si senta sola». Poi Graziella si sofferma sulla terribile vicenda di Latina – il carabiniere che ha ucciso le sue bambine e ferito gravemente la moglie da cui si stava separando–: «Quella povera donna si è svegliata dal coma ma ancora non sa che le sue bambine non ci sono più. È terribile, dovrà avere una forza enorme per andare avanti. Io penso spesso a lei, da lontano le sono accanto con il pensiero». (si. sa.)

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