La Nuova Sardegna

l’intervista 

Lai si propone per la segreteria: torniamo tra la gente con umiltà

di Silvia Sanna

SASSARI. Forse andrà a schiantarsi contro un muro, forse il suo sarà un salto nel vuoto senza paracadute. Forse. Però ci prova lo stesso, «perché – dice – la botta farà comunque meno male della...

17 marzo 2018
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SASSARI. Forse andrà a schiantarsi contro un muro, forse il suo sarà un salto nel vuoto senza paracadute. Forse. Però ci prova lo stesso, «perché – dice – la botta farà comunque meno male della batosta alle urne». Dolores Lai, 41 anni, da 20 in politica, sassarese, voleva dare una scossa e c’è già riuscita. Nel partito delle correnti, dei caminetti e delle liti infinite, lei ci prova da sola. Si è autocandidata alla segreteria del Pd e l’ha fatto sui social, attraverso il suo profilo Facebook. «Ho agito d’istinto, mi sono detta che non c’era tempo da perdere, perché la sconfitta è stata uno choc ed è necessario reagire subito in maniera forte e decisa». Ieri sera, a un incontro del Pd in vista della direzione di oggi a Oristano, la sua autocandidatura è passata dal mondo virtuale a quello reale. «Ho ribadito la mia volontà – racconta – spero di essermi fatta capire».

Autocandidata alla segreteria Pd su Facebook, che cosa l’ha spinta a una scelta così inusuale?

«Ho agito d’istinto, la mia è stata una reazione alla sconfitta del Pd: una batosta senza precedenti che mi ha provocato un autentico choc e ha fatto scattare una molla dentro di me. Ho capito che non posso restare a guardare».

Che cosa vuole fare?

«Voglio ritornare tra la gente, parlare, ricucire un rapporto con i nostri elettori che ora non ci votano più. Il Partito democratico ha smesso di ascoltare, non ha più trasporto. Non bastano i programmi, servono cuore e passione».

Lei ha un programma?

«No, in campagna elettorale lo avevamo ma alla gente non interessava. Io voglio costruirlo attraverso il dialogo. Voglio andare a parlare nel centro storico di Sassari, con gli imprenditori di Olbia, con i pastori del Nuorese. A tutti chiederò perché non ci hanno votato, perché hanno perso la fiducia nei nostri confronti. Lo farò con umiltà, quella che il Pd purtroppo ha perso».

È vero che il Partito democratico si è imborghesito?

«Non credo si tratti di questo, perché in realtà non ci vota più neanche la borghesia. Il problema è che il Pd ha perso l’identità, non ha più anima e capacità di infondere coraggio e ottimismo».

Buio fitto insomma. Ma lei vede comunque la luce?

«Nonostante tutto credo nel centrosinistra e nel Pd. L’unico partito ancora solido, in grado di organizzarsi nel territorio. A patto che si viaggi uniti, senza divisioni, senza correnti».

A proposito di correnti, lei di cognome fa Lai. Oggi è una fortuna o uno svantaggio?

«È un enorme svantaggio, perché devo dimostrare di non essere portata avanti da nessuno. Mi chiamo Lai, come mio cugino Silvio, al quale mi legano affetto e ideali. Ma ora sono solo Dolores, ho deciso io di farmi avanti e l’ho fatto scientemente senza chiedere alcun appoggio. Spero di avere consensi da tutte le parti, vorrei rappresentare una specie di ponte tra le diverse anime che viaggiano unite».

Che cosa si aspetta dalla direzione del Pd di oggi?

«Vorrei che il segretario Cucca prendesse atto della sconfitta – che non è sua ma di tutti – e facesse un passo indietro. A quel punto il Pd deve ripartire, subito, senza indugi. Io sono pronta».

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