La Nuova Sardegna

Pil pro capite: i sardi fra i poveri d’Europa

di Mauro Lissia
Pil pro capite: i sardi fra i poveri d’Europa

La provincia di Cagliari perde punti ma resta la più ricca, giù tutte le altre con Sassari che arranca

29 marzo 2018
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CAGLIARI. Poveri, poverissimi, sempre più poveri, gli italiani ma anche e soprattutto i sardi. Lo dicono i dati impietosi diffusi da Eurostat, l’ufficio dell’Unione Europea che si occupa di statistiche a raggio continentale. Sono dati che riguardano il prodotto interno lordo (pil) pro capite, come dire il volume di transazioni finanziarie, quindi di acquisti e pagamenti, di ciascun cittadino suddivisi per provincia. Eurostat li ha calcolati in rapporto alla media europea sugli anni che vanno dal 2000 al 2015, con esiti a dir poco disarmanti: le province italiane hanno perso in media 15-20 punti di pil, quelle sarde più o meno lo stesso ma partendo da volumi molto più bassi. Ammesso che il pil sia un indicatore reale del benessere - non tutti gli economisti sono d’accordo - quella del Medio Campidano è l’area che sta peggio di tutti e che continua nella sua decrescita infelice: il volume del pil per abitante è esattamente la metà di quello medio europeo, che pure comprende paesi poveri come quelli dell’est, con una perdita di 11 punti percentuali rispetto al 2000. Nella graduatoria letta dal basso Oristano occupa la seconda posizione: 61% rispetto alla media Ue con 16 punti persi, alla pari con l’Ogliastra che però negli anni ha perso “solo” 6 punti. Il crollo più pesante, secondo Eurostat, si registra fra le province maggiori: Nuoro ha perso 20 punti attestandosi al 65% della media europea, Sassari ha lasciato per strada 15 punti fermandosi al 66% mentre sembrano soffrire meno Olbia-Tempio, che ha perso 13 punti ma ha conservato un pil pari al 78% dell’Europa e soprattutto Cagliari, che nel 2000 era col 97% vicinissima alla media continentale ed ora è calata fino all’85%. Un dato fra tutti emerge comunque chiaro: in nessuna provincia della Sardegna il valore del pil raggiunge la media dell’Europa e neppure ci si avvicina. Non solo: col passare degli anni l’isola diventa sempre più depressa dal punto di vista economico.

Qualche riferimento nazionale può rendere meglio l’idea della situazione: pur avendo perduto 18 punti percentuali, la provincia di Milano viaggia oggi al 178% della media europea, come dire 78 punti in più sulla media. Bologna mantiene un pil pro capite più alto dell’Europa (136%) ma in quindici anni ha perduto 33 punti. Il disastro economico di Roma è invece evidente: dal 163% del 2000 la capitale è precipitata al 121%: sono 42 punti percentuali perduti. I cali peggiori però si sono registrati, secondo Eurostat, nella provincia di Cremona (-48 punti) seguita da Lecco e Como (-43), aree del settentrione che sembrano aver perso il primato di benessere conquistato negli anni del dopoguerra.

Passando a dati generali, gli italiani vivono con un pil per abitante pari a 27700 euro su una media europea di 29200 euro e le aree del nord-ovest e nord-est sono le sole, con 34100 e 33300 euro a superare la media Ue. Dove Lussemburgo (90700 euro per abitante), Irlanda (58800) e Danimarca (48400) guardano tutti dall’alto. Se gli abitanti di Londra Ovest sono i più ricchi d’Europa (207300 euro) i più poveri sono quelli della regione bulgara di Severozapaden, il cui pil individuale è pari a 4100 euro, un’autentica miseria. In Italia gli abitanti più ricchi sono quelli di Bolzano (42600 euro) e i più poveri quelli della Calabria (16800).



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