La Nuova Sardegna

La lingua sarda è una: lo negano solo i reazionari

Roberto Deriu
La lingua sarda è una: lo negano solo i reazionari

Secondo il consigliere regionale del Pd Roberto Deriu,il testo unificato di tre proposte di legge che riconosce l'esistenza di più lingue in Sardegna è un passo indietro nel processo di ufficializzazione in atto negli ultimi decenni

08 aprile 2018
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Quante e quali lingue si parlano in Sardegna? Il sardo è una lingua o sono tante? Si può conferire prestigio all'Autonomia attraverso una politica linguistica che punti ad un nuovo rango per il sardo tra le lingue viventi? A queste domande tenta di rispondere il testo unificato di tre proposte di legge (leggibile su http://www.consregsardegna.it/XVLegislatura/Testi%20Unificati/TU36-167-228-A.pdf). Il testo riconosce che, oltre al sardo e all'italiano, nell'Isola sono adoperate altre lingue. E fin qui niente di nuovo. Ma non si ferma qui: ipotizza che di lingue sarde ce ne sia più di una, facendo leva sul concetto di "variante". Tale ipotesi si esplicita in modo particolare laddove si definisce pleonasticamente la lingua sarda "nelle sue varianti storiche e locali" (articolo 1, comma 2), ma soprattutto nella lettera (b dell'art. 2, dove le varianti vengono definite come le "macro varianti letterarie logudorese e campidanese".

Negare l'unitarietà della lingua sarda è un'ipotesi che bisogna con franchezza definire reazionaria.La proposta compie un passo indietro anche rispetto alla legislazione statale della 482/99 che considera il sardo come una espressione linguistica unica. Per capire di cosa parliamo, pensiamo all'italiano: in alcune regioni si dice anguria, in altre cocomero: sono due lingue diverse? No, sono geosinonimi; esattamente come sceti e petzi. E ciò non fa di "logudorese" o "campidanese" due lingue diverse.

L'ispirazione della proposta ricalca purtroppo luoghi comuni sulla presunta divisione del sardo in due grandi aree e in una miriade di varianti locali. Questo è anche vero, ma in realtà il fenomeno riguarda normalmente tutte le lingue ed esaltarlo in una legge e porlo in maniera così vincolante per l'identità giuridica del sardo blocca qualsiasi processo di modernizzazione, ufficializzazione e standardizzazione, peraltro già in atto da decenni. In sostanza si vuole far passare una linea che farà il sardo a pezzi condannandolo alla disunità e privandolo degli strumenti necessari alla sua nuova funzione di lingua prestigiosa ed ufficiale. Annunciamo quindi una discussione in aula non formale, e attenta ai principi ed agli scopi; memore del tanto lavoro profuso da centinaia di studiosi e operatori che hanno non solo teorizzato, ma sperimentato sul campo concrete ed efficaci politiche linguistiche a difesa della lingua sarda.Le nostre sono parole antiche, ma se pronunciate con spirito nuovo possono essere portatrici e generatrici del futuro. La comunità può rinascere anche proponendosi il progetto di una reciproca comprensione, del superamento di ciò che gli altri e noi stessi pensiamo dei sardi: che sono individualisti e gelosi, campanilisti e incapaci di collaborazione reciproca. Costruiamo insieme il nostro futuro contribuendo con le nostre antiche, aspre, forti e dolci parole al grande discorso dell'Umanità. Ogni passo che noi compiamo nella direzione dell'arricchimento culturale, e quindi anche linguistico, ci aiuta ad essere un popolo, per qualcuno una nazione, per tutti una comunità.

Ritengo che chi ha proposto la legge in discussione abbia un grande merito, quello di aver riportato nelle sedi ufficiali del Consiglio regionale il dibattito sulla lingua, come abbiamo detto elevato e decisivo, rispetto al quale nessuno di noi ha diritto a dire una parola definitiva. Soltanto una grande discussione potrà aiutare il Consiglio regionale a legiferare in modo lungimirante rispettoso, certo, della comunità scientifica e dei suoi sforzi, ma anche del sentimento popolare, e degli interessi pubblici, che in materia culturale vanno ancora più attentamente ponderati. Ci accingiamo quindi a questa discussione con la mente libera dai pregiudizi, e attenti a rispettare le ragioni degli altri, e per questo ancora più motivati a spiegare con esattezza le nostre.

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