La Nuova Sardegna

Sos sanità: viaggi della speranza per quindicimila sardi

di Stefania Puorro
Sos sanità: viaggi della speranza per quindicimila sardi

Valentini, primario di Radioterapia al Gemelli e candidato a un ruolo di primo piano al Mater Olbia: tecnologia insufficiente nell’isola

08 aprile 2018
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OLBIA. Sono stati oltre 15mila i pazienti sardi che, nel 2016, hanno raggiunto altre regioni per potersi curare. Questo vuol dire che la mobilità passiva è ancora alta, tanto che la spesa si aggira sui 65 milioni di euro. Chi decide di andare fuori, punta soprattutto su Lombardia, Emilia Romagna e Lazio. E sono sempre queste le zone d’Italia scelte dai tanti pazienti oncologici che devono sottoporsi a radioterapia. La Sardegna fa quel che può, «ma, - come ha detto Vincenzo Valentini, big della materia a livello internazionale e primario dell’Unità operativa di Radioterapia 1 del Gemelli-, non basta avere grandi professionisti se mancano le adeguate tecnologie».

Così l’isola, per la mobilità passiva legata alla radioterapia, ha speso (sempre nel 2016) 2,8 milioni. E qui anche il Mater Olbia potrà sicuramente fare la sua parte. Cinque le aree di maggior intervento che ha individuato dopo aver fatto un’attenta analisi della mobilità passiva dei residenti: chirurgia ortopedica, ginecologia, neurologia, neurochirurgia interventistica, chirurgia dell’addome e, appunto, radioterapia. Per quest’ultima area è previsto un centro avanzato di radioterapia oncologica che sarà il primo ad aprire, non appena l’ospedale entrerà in funzione.

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Anche di questo si è parlato a Cagliari durante il convegno dedicato alla radioterapia in Sardegna. «Il cui quadro è davvero allarmante. Si deve assolutamente investire di più - ha aggiunto Valentini -, anche perché, complessivamente, la radioterapia si usa nel 60-65 per cento dei pazienti oncologici e il numero, pure in Sardegna, è destinato ad aumentare. Nel 2017, l’isola ha registrato 9600 casi di tumore e 5800 pazienti dovrebbero sottoporsi a radioterapia. Nella situazione reale, però, la Sardegna ne tratta solo 3200. Significa che 2200 mancano all’appello. Una parte va fuori regione e una parte non la fa (il 40 per cento). Ciò accade perché a volte non viene proposta la radioterapia e perché non c’è una dotazione di attrezzature all’avanguardia. La tecnologia è insufficiente e solo due delle macchine di cui la Sardegna dispone sono veramente adeguate. La situazione insomma è critica e diventa fondamentale destinare maggiori risorse alla radioterapia, puntando nello stesso tempo sui centri d’eccellenza».

Uno sarà di sicuro il Mater Olbia, all’interno del quale proprio Vincenzo Valentini dovrebbe ricoprire un ruolo di primo piano. Non solo perché è un punto di riferimento del Gemelli (partner del Qatar nel Mater) ma anche per la sua grande esperienza in campo oncologico, radiodiagnostico e radioterapeutico e per essere stato (per 7 anni) presidente della commissione europea di radioterapia.

Valentini non vuole però toccare l’argomento («tra Regione e società Mater Olbia - ha solo detto - ci sono accordi in corso non ancora definiti») ma ribadisce «che la Sardegna avrà bisogno di più radioterapia per il futuro. Un’altra delle ragioni è legata all’aumento della longevità. Più i pazienti sono longevi e più crescono le possibilità di morire di tumore».

Nel 2016 sono stati 420 i sardi che hanno dovuto fare viaggi della speranza per la radioterapia, ottenendo 700 prestazioni. Ma non c’è solo il costo che deve affrontare la Regione (tra ricoveri e prestazioni ambulatoriali). C’è da tenere in considerazione anche lo stato psicologico di un malato e della sua famiglia: al forte stress emotivo, devono aggiungersi le spese vive che il paziente deve sostenere come il trasporto e l’alloggio. Infine il fattore sociale: la prolungata assenza dal posto di lavoro può arrivare a causare anche la perdita dell’occupazione.

Uno degli obiettivi del Mater Olbia è dare un contributo importante anche in questa direzione. Ma non solo. Il centro di radioterapia oncologica sarà il punto di partenza. È previsto anche un dipartimento Salute Donna-Bambino (chirurgia della salute della donna, ginecologia oncologica, chirurgia senologica) e un centro per la riabilitazione.

Sui tempi di apertura del Mater, invece, rispetto a quanto aveva dichiarato Marco Elefanti (ad della società Mater Olbia), nulla è cambiato. Si parla sempre di giugno 2018. «Noi siamo pronti a partire - aveva detto Elefanti - ma faremo un passo alla volta. Cominceremo con la radiodiagnostica e con una serie di attività ambulatoriali. Dopo passeremo alla degenza». Ma si è sempre in attesa del via libera definitivo della Regione.


 

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