La Nuova Sardegna

Mamoiada, litigano per un asino e finiscono a processo

di Valeria Gianoglio
Mamoiada, litigano per un asino e finiscono a processo

Un allevatore trascinò l’animale con la sua auto, un compaesano lo colpì per difendere la bestia

17 aprile 2018
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NUORO. Era stata una giornata faticosa, quella del 24 agosto di otto anni fa, per Francesco Gungui, 39 anni, allevatore di Mamoiada. Faceva caldo, la campagna era riarsa, e per giunta il suo asino non ne voleva sapere di restare nel podere ma a ogni piè sospinto cercava di sfuggirgli, raggiungere la strada, e con essa forse anche la libertà.

Francesco Gungui, all’ennesimo richiamo lanciato al quadrupede ribelle, alla fine si era convinto che non c’era altra soluzione: avrebbe dovuto legarlo con una fune alla sua auto e ricondurlo al terreno dal quale era scappato ancora una volta. E così, il 24 agosto del 2010, fece. Ancora, in quel momento, non poteva immaginarlo: ma quella decisione gli sarebbe costata otto anni di processo, un’accusa di maltrattamenti nei confronti del povero asino, il coinvolgimento di un compaesano che si era eretto a difensore dell’animale, e una vicenda giudiziaria che solo ora, dopo tante udienze, è arrivata al dunque: il giudice ha fissato per la prossima udienza, a settembre, la data nella quale il pubblico ministero e la difesa faranno, rispettivamente, la requisitoria e l’arringa.

E poi, nella stessa giornata, potrebbe arrivare anche la sentenza che riguarderà non solo l’allevatore di Mamoiada ma anche un suo compaesano, Franco Moro, di 42 anni, che era rimasto coinvolto nella stessa vicenda per avere difeso l’asino arrivando, però, a colpire colui che riteneva essere l’autore dei maltrattamenti. Era stata, dunque, una giornata complicata, quella del 24 agosto 2010: lo è stata così tanto che gli effetti che ha prodotto non si sono ancora esauriti.

A Francesco Gungui, al termine delle indagini il pm aveva contestato il reato previsto dall’articolo 544 del codice penale: “maltrattamento di animali”. Il pm aveva chiesto e ottenuto che Gungui finisse a processo «perché, per crudeltà, sottoponendolo a sevizie cagionava lesioni all’asinello di sua proprietà. In particolare, dopo averlo legato a una fune e ancorato al veicolo a lui in uso trascinava l’animale, ormai stremato, e caduto al suolo rotolandosi su se stesso, procurandogli lesioni in varie parti del corpo, tra le quali tutte e quattro le zampe, l’occhio sinistro e buona parte del manto».

Il povero quadrupede, dunque, non aveva fatto una buona fine, quel giorno, ma aveva trovato chi aveva preso le sue difese. Un compaesano di Gungui, infatti, Franco Moro, dopo aver assistito alla scena era intervenuto per far desistere Gungui. Quest’ultimo, allora, lo aveva apostrofato con un minaccioso “Ti uccido”, e Moro, secondo l’accusa, lo aveva colpito sulla fronte con un soffietto di metallo provocandogli un trauma cranico. Alla prossima udienza, dunque, ci saranno le richieste finali del pm, del difensore di Gungui, l’avvocato Lara Sini, e di quello di Moro, l’avvocato Concetta Sirca.
 

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