La Nuova Sardegna

Da stalker a fidanzato ma ora rischia la condanna

di Nadia Cossu
Da stalker a fidanzato ma ora rischia la condanna

Dopo una relazione clandestina la donna lo aveva denunciato per atti persecutori Ora stanno insieme ma la querela non può essere rimessa: il pm ha chiesto 2 anni

23 aprile 2018
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SASSARI. In un momento della sua vita lei è persino arrivata a odiarlo quell’uomo con cui aveva avuto una relazione di qualche mese. A tal punto che lo aveva denunciato per atti persecutori dopo che la loro storia era finita. Aveva chiesto aiuto ai carabinieri perché si sentiva continuamente minacciata da lui, che era un suo superiore al lavoro. La querela è andata avanti e l’uomo è stato rinviato a giudizio per atti persecutori.

In una vicenda così ingarbugliata e tormentata ci si sarebbe aspettati tutto fuorché un finale di questo tipo: i due oggi si amano e vivono insieme. E il paradosso sta tutto dentro un’aula di tribunale dove alcuni giorni fa il pubblico ministero Giovanni Porcheddu ha chiesto la condanna a due anni di reclusione (con la sospensione condizionale della pena) nei confronti dell’uomo. Lei ha provato a fare un passo indietro, voleva rimettere la querela ma non le è stato possibile. Il reato di stalking – così come si è configurato in quel preciso momento della loro relazione – è perseguibile d’ufficio. Ora saranno i giudici a decidere.

La storia. Erano colleghi di lavoro e amanti. Entrambi sposati. La relazione clandestina va avanti per un po’ di tempo ma a un certo punto le tensioni prevalgono sul sentimento e lei lo lascia. Ed è proprio in questa fase che l’uomo, un ufficiale della polizia municipale di Sassari, comincia a perseguitare la donna, una vigilessa, tempestandola di messaggi e mail. Tanto che lei decide di rivolgersi ai carabinieri per chiedere aiuto. La denuncia per stalking è il passo successivo.

«Non ce la faccio più – aveva detto agli uomini dell’Arma a febbraio del 2015 – la mia vita è diventata un inferno fuori e dentro l’ufficio». Dopo alcuni mesi di indagini, i militari avevano notificato all’ufficiale una misura cautelare emessa dal gip: l’uomo doveva tenersi a distanza dai luoghi frequentati dalla collega. Il provvedimento era stato sollecitato dal sostituto procuratore Giovanni Porcheddu (lo stesso che qualche giorno fa ha chiesto la condanna) e gli era stato notificato in ufficio, al comando di via Carlo Felice. Dopo un comprensibile iniziale imbarazzo l’ufficiale aveva chiamato il suo difensore, l’avvocato Marco Palmieri, e aveva assistito con lui alla perquisizione disposta dal giudice. I carabinieri avevano sequestrato diverso materiale informatico per cercare, e trovare, le prove di quanto la donna aveva raccontato ai militari: e cioè di essere diventata vittima delle vessazioni da parte del suo superiore subito dopo la fine della loro relazione extraconiugale. L’ufficiale avrebbe iniziato a tempestarla di messaggi e di mail per convincerla a tornare con lui, poi sarebbe passato alle minacce. «Se non torni con me – le avrebbe scritto – racconto di noi due a tuo marito».

Non ce n’è stato bisogno. I due si sono separati dai rispettivi coniugi e ora vivono in serenità la loro storia d’amore. Risvolti giudiziari a parte...



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