La Nuova Sardegna

La nuova Europa dominata dai nazionalismi

Nicolò Migheli
La nuova Europa dominata dai nazionalismi

Nel 2019 si eleggerà il nuovo parlamento Ue e le forze euroscettiche potrebbero essere maggioritarie

25 aprile 2018
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Il generale De Gaulle a chi gli faceva osservare che lui chiamava Russia l'Unione Sovietica, rispondeva che i sistemi politici passano ma i paesi restano. Un'affermazione attuale, se si pensa allo stato di sospensione che vive la costruzione europea. Il sogno della generazione uscita dalla II Guerra mondiale è in una crisi che lo mina profondamente. L'Unione Europea non riesce a essere qualcosa di più di un insieme di stati che spesso mal si sopportano. Il 25 gennaio scorso al Forum di Davos, il presidente francese Emmanuel Macron annuncia una Europa a più velocità, un nucleo duro composto da paesi disposti a cedere ulteriore sovranità in campo finanziario e nella difesa. Un chi ci sta, ci sta. La Germania e l'Italia si dichiarano disponibili.

L'iniziativa francese è un tentativo di risposta alle forze centrifughe che percorrono la Ue dopo l'uscita della Gran Bretagna.

La costruzione europea mostra linee di faglia. La prima, quella tra i paesi del centro nord e quelli mediterranei insofferenti delle politiche di austerity imposte dalla Germania. La stessa linea di separazione storica tra cattolici e protestanti e questo qualcosa vorrà pur dire. La seconda, è tra l'ovest e l'est ex comunista. I paesi del gruppo di Visegrád: Polonia, Ungheria, Cechia e Slovacchia, rifiutano le quote dei migranti assegnate loro. Polonia e Ungheria, sotto regimi di destra, stanno smontando la democrazia liberale, abolendo la suddivisione dei poteri portandoli sotto l'esecutivo. Atti che sono un vulnus dei valori cardinali su cui si fonda la Ue. La Commissione che sarà eletta nel 2019 dovrà tenere sotto osservazione la conformità di quelle legislazioni con il diritto europeo. In più vi è il progetto infrastrutturale ed energetico Trimarium, che unisce i V4 più i baltici, Austria, Slovenia, Croazia, Romania e Bulgaria, che ha come obiettivo politico la cooperazione settoriale e la coesione ma che può trasformarsi in una sorta di contraltare di Bruxelles. L'Europa occidentale è percepita da quei paesi come perennemente in crisi e decadente, non ha più l'appeal che aveva quando aderirono alla Ue.

L'iniziativa franco-tedesca del nucleo duro vorrebbe ristabilire una centralità dei paesi fondatori, ma è minata dalla debolezza del governo della signora Merkel e dall'europeismo di facciata di Macron. Quest'ultimo dimostra continuità con la politica tradizionale francese; interviene in Siria urtando Germania e Italia, persegue una politica di potenza nazionale nel Mediterraneo e in Africa senza che vi sia compatibilità con le esigenze degli altri Stati che compongono l'Unione. Macron non molto diverso da Sarkozy, che attaccò la Libia in palese contrasto agli interessi italiani.

Il 27 aprile Angela Merkel incontrerà Trump negli Usa, pare che chiederà che le imprese tedesche vengano esonerate dalle nuove sanzioni che si intendono applicare alla Russia. Ancora una volta una richiesta, se confermata, che sarebbe solo nazionale e non di tutta l'Unione. Il presidente francese, pur avendo un buon consenso in patria, inizia a perderlo con il progetto di privatizzazione delle ferrovie e gli scioperi conseguenti. Nel 2019 si eleggeranno il nuovo parlamento europeo e la Commissione. Le forze euroscettiche potrebbero essere maggioritarie. Se questo avverrà, sono ipotizzabili istituzioni molto diverse da quelle attuali; con Visegrád che avrà maggior potere politico e soprattutto ideologico. È tempo di nazionalismi risorgenti e la Ue potrebbe essere il luogo della loro consacrazione.

Ci sarebbe bisogno di una Unione che sappia coniugare le esigenze dei popoli e dei cittadini, che abbia una posizione coesa rispetto alle sfide che il mondo pone, invece si procede seguendo i propri interessi particolari. Andrej Amalrik nel 1969 scrisse un saggio intitolato "Sopravviverà l'Unione Sovietica fino al 1984?", si sbagliò di sette anni. Benché nessuno per la Ue abbia fatto simili profezie il rischio è simile. C'è bisogno di uomini di Stato europei meno condizionabili dai propri elettorati nazionali; per ora non si vedono.

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