La Nuova Sardegna

Lavoro in Sardegna, ecco chi ha pagato il conto più salato della crisi

di Gianna Zazzara
Lavoro in Sardegna, ecco chi ha pagato il conto più salato della crisi

Sono stati i giovani e le donne a pagare il prezzo più alto alla recessione e continuano a farlo

04 maggio 2018
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SASSARI. Sono stati i giovani e le donne a pagare il prezzo più alto alla recessione e continuano a farlo. Lo hanno fatto a tal punto da aver assunto su di sé tutti gli oneri di questi anni risparmiandoli ai padri e ai fratelli maggiori. È questa la fotografia scattata dalla ricerca sull’occupazione per province elaborata da Astraricerche per Manageritalia appena pubblicata.

Gli analisti hanno raffrontato i dati Istat sull’occupazione del 2007 e del 2017, per capire cosa è successo in questo decennio, dopo lo scoppio della Grande crisi. Tre le categorie prese in esame: la popolazione attiva dai 15 ai 64 anni, i giovani dai 25 ai 34 anni e le donne. Il risultato? Il mercato del lavoro in Sardegna è fermo al palo: la percentuale di occupati è molto al di sotto di quella che si registrava nel 2007 che, a dir la verità, era già bassissima. In provincia di Sassari, ad esempio, oggi il tasso di occupazione della popolazione attiva è del 50,4%, tre punti percentuali in meno rispetto a 10 anni fa. Stesso trend a Oristano (-3,4%) e a Nuoro (- 2,2). Unica eccezione la provincia di Cagliari con un aumento del tasso di occupazione dell’1,7% : oggi lavorano 55 persone su cento, mentre dieci anni fa erano 52. Male anche Olbia, mentre il Medio Campidano è la provincia con il tasso di occupazione più basso (appena il 38%) ed occupa gli ultimi posti in classifica insieme a Palermo e Caltanissetta (38,5%), Foggia (38,2%) e Reggio Calabria (37,5). A leggere dietro la durezza dei dati sembra che il problema maggiore in Sardegna sia la mancata partecipazione al mondo del lavoro: quelli che lavorano, insomma, sono troppo pochi. Soprattutto se paragonati al resto d’Europa (dove lavorano 70-80 persone su 100) e alle province del nord Italia (dove sono occupate in media 67 persone su cento).

I giovani e le donne. A fare le spese della crisi sono stati soprattutto i giovani dai 25 ai 34 anni e le donne. Le classifiche sono impietose. Riguardo ai giovani, le variazioni tra il 2007 e il 2017 sono negative in tutte le province sarde: sono le generazioni nate tra il 1983 e il 1994 ad aver perso il lavoro o, più probabilmente, a non averlo mai trovato. Nel decennio 2007-2017 l’occupazione giovanile è scesa del 15% in provincia di Sassari, dell’11,5 in quella di Cagliari e addirittura del 18% a Oristano. Più contenuto il calo in provincia di Nuoro, appena il 6,9%. Ma qui a perdere il lavoro, sono stati soprattutto i maschi (- 12,9%) mentre le ragazze hanno registrato solo una leggera flessione dello 0,3%. Stesso discorso a Oristano: il tasso di occupazione tra i giovani dai 25 ai 34 anni è calato del 18% – la percentuale più alta nell’isola – ma a soffrire di più sono stati i ragazzi con un crollo del 26%.

Riguardo alle donne, c’è un buon segnale. Oggi ci sono più donne occupate rispetto a dieci anni. Ma il dato non deve creare eccessive illusioni. C’è ancora molto da fare. Il tasso di occupazione femminile in Sardegna – ma anche nel resto d’Italia – è ancora molto al di sotto di quello maschile. Se ad esempio in provincia di Sassari il tasso di occupazione della popolazione attiva è del 50,4%, solo il 42% di quei posti di lavoro è occupato dalle donne, mentre il 58% è saldamente in mano agli uomini. Stesso discorso anche nelle altre province dove si registra uno scarto del 15%. Va peggio in provincia di Cagliari: su cento occupati 63 sono maschi e solo 37 donne. L’unica consolazione è che in questi ultimi anni l’occupazione femminile è aumentata a scapito di quella maschile.

Gli over 50. La sorpresa è che a conquistare i posti di lavoro, o più probabilmente a mantenerli, anche grazie a tutele maggiori, sono i cinquantenni. Come nel resto d’Italia, gli occupati over 50 si mantengono stretto il loro posto di lavoro, a scapito dei giovani che trovano un ostacolo insormontabile all’ingresso nel mondo del lavoro: non vengono assunti nonostante costino di meno.

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