Lavoro in Sardegna, ecco chi ha pagato il conto più salato della crisi
Sono stati i giovani e le donne a pagare il prezzo più alto alla recessione e continuano a farlo
SASSARI. Sono stati i giovani e le donne a pagare il prezzo più alto alla recessione e continuano a farlo. Lo hanno fatto a tal punto da aver assunto su di sé tutti gli oneri di questi anni risparmiandoli ai padri e ai fratelli maggiori. È questa la fotografia scattata dalla ricerca sull’occupazione per province elaborata da Astraricerche per Manageritalia appena pubblicata.
Gli analisti hanno raffrontato i dati Istat sull’occupazione del 2007 e del 2017, per capire cosa è successo in questo decennio, dopo lo scoppio della Grande crisi. Tre le categorie prese in esame: la popolazione attiva dai 15 ai 64 anni, i giovani dai 25 ai 34 anni e le donne. Il risultato? Il mercato del lavoro in Sardegna è fermo al palo: la percentuale di occupati è molto al di sotto di quella che si registrava nel 2007 che, a dir la verità, era già bassissima. In provincia di Sassari, ad esempio, oggi il tasso di occupazione della popolazione attiva è del 50,4%, tre punti percentuali in meno rispetto a 10 anni fa. Stesso trend a Oristano (-3,4%) e a Nuoro (- 2,2). Unica eccezione la provincia di Cagliari con un aumento del tasso di occupazione dell’1,7% : oggi lavorano 55 persone su cento, mentre dieci anni fa erano 52. Male anche Olbia, mentre il Medio Campidano è la provincia con il tasso di occupazione più basso (appena il 38%) ed occupa gli ultimi posti in classifica insieme a Palermo e Caltanissetta (38,5%), Foggia (38,2%) e Reggio Calabria (37,5). A leggere dietro la durezza dei dati sembra che il problema maggiore in Sardegna sia la mancata partecipazione al mondo del lavoro: quelli che lavorano, insomma, sono troppo pochi. Soprattutto se paragonati al resto d’Europa (dove lavorano 70-80 persone su 100) e alle province del nord Italia (dove sono occupate in media 67 persone su cento).
I giovani e le donne. A fare le spese della crisi sono stati soprattutto i giovani dai 25 ai 34 anni e le donne. Le classifiche sono impietose. Riguardo ai giovani, le variazioni tra il 2007 e il 2017 sono negative in tutte le province sarde: sono le generazioni nate tra il 1983 e il 1994 ad aver perso il lavoro o, più probabilmente, a non averlo mai trovato. Nel decennio 2007-2017 l’occupazione giovanile è scesa del 15% in provincia di Sassari, dell’11,5 in quella di Cagliari e addirittura del 18% a Oristano. Più contenuto il calo in provincia di Nuoro, appena il 6,9%. Ma qui a perdere il lavoro, sono stati soprattutto i maschi (- 12,9%) mentre le ragazze hanno registrato solo una leggera flessione dello 0,3%. Stesso discorso a Oristano: il tasso di occupazione tra i giovani dai 25 ai 34 anni è calato del 18% – la percentuale più alta nell’isola – ma a soffrire di più sono stati i ragazzi con un crollo del 26%.
Riguardo alle donne, c’è un buon segnale. Oggi ci sono più donne occupate rispetto a dieci anni. Ma il dato non deve creare eccessive illusioni. C’è ancora molto da fare. Il tasso di occupazione femminile in Sardegna – ma anche nel resto d’Italia – è ancora molto al di sotto di quello maschile. Se ad esempio in provincia di Sassari il tasso di occupazione della popolazione attiva è del 50,4%, solo il 42% di quei posti di lavoro è occupato dalle donne, mentre il 58% è saldamente in mano agli uomini. Stesso discorso anche nelle altre province dove si registra uno scarto del 15%. Va peggio in provincia di Cagliari: su cento occupati 63 sono maschi e solo 37 donne. L’unica consolazione è che in questi ultimi anni l’occupazione femminile è aumentata a scapito di quella maschile.
Gli over 50. La sorpresa è che a conquistare i posti di lavoro, o più probabilmente a mantenerli, anche grazie a tutele maggiori, sono i cinquantenni. Come nel resto d’Italia, gli occupati over 50 si mantengono stretto il loro posto di lavoro, a scapito dei giovani che trovano un ostacolo insormontabile all’ingresso nel mondo del lavoro: non vengono assunti nonostante costino di meno.