La Nuova Sardegna

La rivoluzione Abbanoa partita con i conti in rosso

di Luigi Soriga
La rivoluzione Abbanoa partita con i conti in rosso

Il gestore unico nel 2005 ereditò voragini di bilancio e condotte colabrodo

05 maggio 2018
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SASSARI. Per comprendere la salute di un fiume, occorre risalire la corrente e andare a monte sino alla sorgente. Anche per capire i problemi di Abbanoa, il percorso in fondo è lo stesso. Si riavvolgono i nastri della storia, per ritornare sino alle origini. E la prima puntata dell’inchiesta sul “Ciclo dell’acqua”, parte proprio dal 2005, anno in cui il gestore dei servizi idrici integrati della Sardegna diventa unico.

La fusione. È la legge Galli del ’94, poi recepita dalla Regione nel ’97, a imporre una razionalizzazione nella giungla dell’acqua: perciò un unico ambito territoriale, una sola tariffa, e un solo gestore. Nasce prima Sidris srl, che incorpora le 5 società di capitali che amministravano il servizio idrico: Uniaquae Sardegna, Esaf, Govossai, Sim e Siinos e 120 Comuni che gestivano direttamente la risorsa. Il 22 dicembre 2005 Sidris diventa Abbanoa, e prende in carico tutte le reti dell’isola e gli impianti.

Lo scenario. Il primo problema è che Abbanoa acquisisce ogni cosa a scatola chiusa. In linea di principio dovrebbe funzionare come una società che fa utili, ma ha il peccato originale di essere a capitale pubblico e di essere controllata dalla politica. Gli stessi sindaci detengono quote azionarie. Perciò agli amministratori delegati, nominati dalla politica, veniva male storcere il naso di fronte a impianti di potabilizzazione in condizioni pietose, impianti mal progettati e senza manutenzione, e reti formato colabrodo. I vertici di Abbanoa alla fine si tappano il naso, e prendono tutto, senza accertarsi delle condizioni e del contenuto del pacco.

Debiti. Non basta: oltre ai buchi delle condotte, Abbanoa eredita anche le voragini di bilancio scavate dalle precedenti gestioni. Circa 50 milioni di euro all’anno, perdite che la Regione copriva con risorse pubbliche. Insomma, neanche nata Abbanoa si ritrova senza liquidità e con conti in rosso per 157 milioni di euro. Lo strumento per non affogare in questo mare di debiti, erano gli introiti delle bollette e il salvagente che la Regione prometteva di lanciare: una progressiva capitalizzazione societaria. Ma sino al 2013 non è mai stata realizzata se non per 33 milioni di euro. Poi nel 2014 finalmente Abbanoa incamera 142 milioni, e 20 milioni nel 2015, 15 milioni nel 2016 e 10 milioni nel 2017. Solo a distanza di 12 anni la capitalizzazione è completa.

Ma prima, quando le casse erano esangui, c’erano solo le banche a elargire soldi. Nel 2012 i debiti ammontavano a 106,63 milioni di euro nei confronti delle banche e ben 283,77 milioni di euro nei confronti dei creditori (le cifre nel 2016 si ridimensionano rispettivamente a 69,04 milioni di euro e 145,87 milioni di euro).

Elenchi e software. Insomma, dal 2005 in avanti, senza ingenti trasferimenti pubblici Abbanoa avrebbe dovuto produrre liquidità dalle bollette. Ma anche su questo versante l’azienda annaspa. Infatti i comuni e i gestori precedenti trasferiscono gli elenchi dell’utenza, senza aggiornamento e nel 99 per cento dei casi con dati non certificati. Le anagrafiche dei clienti consistevano spesso in tabulati cartacei e file excell. In più alcune strutture sanitarie, diverse istituzioni pubbliche, qualche presidio militare, le fontane nei parchi, le aiuole innaffiate, spesso non pagavano l’acqua. Il tasso di consumi abusivi era elevatissimo. Abbanoa deve armonizzare tutti i file, e riversarli in un unico database. L’operazione diventa complicatissima. Oltretutto sino a quel momento il 95% delle fatture veniva eseguito in acconto, cioè su consumi medi presunti con conguagli periodici. Uno dei pochi sistemi di bollettazione che funzionava era quello adottato dalla Siinos di Sassari. Pagamenti semestrali, e poche sorprese per gli utenti. Abbanoa opta per un software del tutto nuovo. E all’inizio è un disastro. Ritardi di anni prima di effettuare i conteggi, bollette pazze con qualche zero di troppo.

Mappe. Anche la situazione delle mappature è critica: al momento della consegna Abbanoa ha visto cosa c’era in superficie, ma non cosa si nascondeva nel sottosuolo. Le carte che descrivevano le reti idriche erano il più delle volte incomplete, non comprendevano le diramazioni realizzate dai privati all’interno di lottizzazioni. Oppure esisteva la documentazione di un comune ma non quella delle frazioni annesse. Ma è accaduto anche che le mappature esistessero e che si siano perse nella fase di archiviazione eseguita da Abbanoa. Una tale approssimazione ha poi reso molto complicati gli interventi di riparazione e manutenzioni di condotte già compromesse, che sono partite da un 30 per cento di dispersione idrica sino ad arrivare a uno spreco del 50 per cento dell’acqua persa per strada.

Costi elevati. Anche la natura non aiuta molto Abbanoa. La assenza di acque di falda costringe a far ricorso a bacini artificiali di accumulo da cui proviene l’85% dell’acqua distribuita. Ma l’acqua grezza viene trattata da 45 potabilizzatori prima di essere immessa in rete, con ingenti costi di produzione. E anche la progettazione e la localizzazione delle strutture, fatta in passato, non ha tenuto conto delle pendenze e dell’orografia. Anche il costante utilizzo degli impianti di sollevamento fa lievitare ulteriormente i costi.

Progettazione lenta. Il Cipe e la Comunità Europea hanno stanziato copiose risorse per il miglioramento delle reti e degli impianti. Ma prima di riuscire a metterle a correre è trascorso troppo tempo, con ritardi anche di 5 anni rispetto ai bandi. Lentezza della burocrazia ma anche staff di progettazione di Abbanoa che ha arrancato rispetto alle urgenze. (continua)

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