La Nuova Sardegna

Le tre aree restano divise e salta l’accordo nel Pd

di Umberto Aime
Le tre aree restano divise e salta l’accordo nel Pd

Cucca pronto a farsi da parte: «Ma serve una guida indipendente dalle correnti» I soriani chiedono il congresso, il gruppo Cabras-Fadda il partito federato

05 maggio 2018
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INVIATO A TRAMATZA. Un nuovo segretario del Pd ci sarà, per forza. Però quando e come sarà eletto nessuno lo sa, o meglio nessuno ha avuto la forza di deciderlo. Nell’assemblea che doveva essere della conciliazione, del rialziamoci tutti assieme dopo la scoppola del 4 marzo, ognuna delle solite tre correnti ha avanzato una sua soluzione ma inconciliabile con le altre. Risultato: la riunione, affollata anche se non al completo, è mancato anche stavolta il numero legale, è finita con un nulla di fatto. Altro che miracolo, come quello dell’altro giorno a Roma, dove persino il Pd nazionale è riuscito a ricompattarsi e non era certo facile. Niente da fare, a Tramatza. Dove s’è consumata l’ennesima maledizione: scontri, divisioni, veti incrociati. In questo venerdì da allerta rossa, in casa del Partito democratico, la spaccatura è stata addirittura su quella che sarebbe dovuta essere una nuova e possibile terapia salva-vita. Così ogni decisione è stata rinviata a venerdì prossimo.

La proposta Cucca. Il segretario uscente ha detto che «entro un mese va scelto un traghettatore fino al prossimo indispensabile congresso straordinario, in autunno». Chi potrebbe essere l’uomo o la donna della provvidenza, o meglio dell’emergenza? Per Giuseppe Luigi Cucca oggi più che ai ritratti «dobbiamo puntare su un capomastro autorevole e indipendente dalle correnti», perché «dobbiamo ritornare a essere quel cantiere d’idee che invece abbiamo abbandonato e da cui soprattutto sono scappati gli elettori». Fra qualche settimana, ha detto di essere pronto a passare il testimone a chi sarà votato dall’assemblea e serve «nominiamo anche un comitato di garanzia che prepari il prossimo congresso». Sostenuto dai renziani e dagli ex Diesse, i fedelissimi, ha ribadito il suo conosciuto no a una crisi al buio, «mentre è indispensabile quell’unità interna che manca da troppo tempo ed è stata una delle cause della nostra sconfitta. Non la sola – ha aggiunto – ci siamo isolati dal mondo reale». Siro Marrocu e Franco Sabatini hanno aggiunto: «È questa la soluzione», ma il gruppo misto renziani ed ex diesse non ce l’ha fatta a convincere il resto dell’assemblea.

Congresso subito. Lo ha chiesto a gran voce il gruppo di Renato Soru. «Non perdiamo altro tempo – sono state le parole dell’eurodeputato» fino a rivolgersi così a Cucca: «In modo amichevole, ti dico: non metterti di traverso. Abbiamo bisogno di scegliere subito un segretario, decidere le alleanze per le prossime elezioni regionali e scegliere il candidato-presidente. Perché possiamo ancora vincere, nel 2019, basta crederci». A sostenerlo i consiglieri regionali Pietro Cocco e Gigi Ruggeri, che hanno detto tra l’altro: «È questo il passaggio che dobbiamo fare, per restituire a iscritti ed elettori del centrosinistra il diritto di decidere quale dovrà essere il futuro del Pd». Ma neanche dopo l’intervento di Dolores Lai, per ora l’unica autocandidata alla segreteria, che ha rilanciato «la necessità di decisioni straordinarie in un momento molto complicato», neppure i soriani hanno conquistato l’assemblea.

Prima il referendum. Sono stati i popolari-riformisti a puntare tutto sulla consultazione interna per decidere se il Pd sardo dovrebbe o no staccarsi da Roma e diventare «confederato con via del Nazareno». È stato l’ex senatore Silvio Lai a sponsorizzare con forza questa scelta: «Dobbiamo riconquistare chi il 4 marzo ci ha voltato le spalle. Possiamo riuscirci solo se saremo autonomi. Scrivere Sardegna a fianco del simbolo del Pd, non è solo un’operazione di facciata (su cui soriani e renziani hanno detto da subito no) ma è la soluzione per aprire un vero dibattito al nostro interno, riprendere a far discutere la base del partito». Secondo Lai, che ha avuto il pieno appoggio del consigliere regionale Roberto Deriu, «se non dovessimo fare questa scelta, perderemo l’occasione di lanciare all’esterno quello che sarebbe oggi un primo segnale forte della nostra voglia di cambiare». Per poi disegnare questo scenario: «Oggi siamo isolati, non siamo più un partner interessante per nessuno. Anzi, qualcuno ci evita e gode per la nostra sconfitta. Se il Pd vuole vincere le Regionali deve presentare agli elettori subito un programma davvero autonomista e in cui la Sardegna sia al centro di tutto». Ma nonostante la richiesta per il referendum abbia raccolto 53 firme, neanche i popolari- riformisti sono riusciti a convincere l’assemblea. Che si è chiusa con un triste rinvio a venerdì prossimo.

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