La Nuova Sardegna

Uccide un albanese e fugge arrestato un pastore sardo

di Silvia Sanna
Uccide un albanese e fugge arrestato un pastore sardo

L’omicida, di Mamoiada, ha giustiziato il 22enne con un colpo di pistola

11 maggio 2018
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SASSARI. I carabinieri l’hanno trovato in un bosco vicino al fosso in cui era caduto fratturandosi una gamba. Giulio Sale, ferito e sanguinante, sapeva di non avere possibilità di fuga. Ignorava però che a mettere i militari immediatamente sulle sue tracce erano state le ultime parole pronunciate dal giovane albanese prima di morire: “Le pecore sono tornate”, ha detto Andrea Ndoya, il 22enne ucciso da Sale a colpi di pistola. L’omicida, 45 anni, pastore e allevatore di Mamoiada da una vita in Toscana (dove è nato), gli ha sparato sulla porta di casa, davanti a testimoni. In strada non c’era nessuno: tutti a quell’ora, erano circa le 21.30 di mercoledì, guardavano in tv la finale della Coppa Italia di calcio. È successo a Sinalunga, comune a circa una cinquantina di chilometri da Siena. Giulio Cesare Sale è ricoverato in ospedale in stato d’arresto.

Il delitto. Dieci chilometri: è la distanza che separa il comune di Foiano della Chiana (in provincia di Arezzo), da Sinalunga. Giulio Cesare Sale, a tutti noto come Enrico, ha lasciato le sue 200 pecore e ha raggiunto la casa dove abita una famiglia di albanesi, amici della vittima che invece abita a Rapolano Terme, altro centro in provincia di Siena. Sale sapeva di trovarlo lì e l’ha convinto ad uscire di casa. Gli ha sparato quasi subito, al collo, con una pistola automatica. L’albanese ha cercato di fuggire, è risalito lungo le scale lasciandosi dietro una scia di sangue. Gli amici l’hanno soccorso, lui prima di spirare ha dato l’indicazione utile per individuare l’assassino. Che nel frattempo si era dileguato nel bosco. Ma anche lui era ferito a una mano, forse per un cattivo uso della pistola. È caduto una prima volta in un fosso e si è rialzato. Poi una seconda volta, e si è rotto una gamba. Ha cercato di nascondersi ma dopo un paio d’ore è stato fermato dai carabinieri. Non ha opposto resistenza, ha ammesso le sue responsabilità e indicato anche dove recuperare la pistola, abbandonata lungo la fuga.

Il movente. Ci sono molti dubbi da chiarire. Vittima e omicida si conoscevano, avevano lavorato insieme anche se non erano amici. Per questo all’origine del delitto potrebbe esserci un regolamento di conti per motivi economici. Poche ore prima di essere ucciso, il giovane albanese aveva ricevuto una telefonata che l’aveva fatto agitare: qualcuno l’aveva minacciato. Ma c’è anche un’altra pista che non viene scartata dai carabinieri del Nucleo investigativo di Siena e della compagnia di Montepulciano: forse il vero obiettivo di Sale non era Ndoya ma qualcuno della famiglia che lo ospitava, albanesi noti per vicende di droga con i quali Sale aveva avuto rapporti di lavoro. E c’è anche un altro dubbio da chiarire: non è scontato infatti che la pistola dalla quale è stato esploso il colpo mortale appartenesse al pastore originario di Mamoiada. Il fatto che sia rimasto ferito utilizzandola potrebbe significare che non conoscesse l’arma che potrebbe essere spuntata fuori durante la discussione. Ancora, ad alimentare i dubbi c’è anche un altro fatto: un amico della vittima avrebbe riferito che Giulio Cesare Sale sei mesi prima l’aveva accoltellato. Ma non esistono denunce o certificati medici del pronto soccorso che confermino l’accaduto.

L’inchiesta. Sale è piantonato in stato di fermo all’ospedale Le Scotte di Siena. Oggi è prevista la convalida dell’arresto e l’autopsia sul corpo dell’albanese disposta dal pm Nicola Marini. L'abitazione di Sinalunga dove è avvenuto il delitto è stata posta sotto sequestro. I carabinieri hanno anche perquisito la casa di Sale a Foiano della Chiana in cerca di elementi utili per dissipare i tanti dubbi.

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