La Nuova Sardegna

Macomer, sfida a tre nel paese simbolo della crisi economica

di Kety Sanna
Macomer, sfida a tre nel paese simbolo della crisi economica

Il territorio è in ginocchio: aziende chiuse e disoccupati Meloni, Confesercenti: bisogna far ripartire l’economia

16 maggio 2018
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INVIATO A MACOMER. Aspettarsi un risultato diverso, forse sarebbe stato pretenzioso. La mazzata che Macomer, come del resto tutta la Sardegna, ha subito negli ultimi 15-20 anni non è stata lieve e anche solo poter pensare che una legislatura potesse cambiare le sorti di un territorio è utopia. A meno di un mese dalle elezioni, il sindaco Antonio Succu, esponente del Partito dei Sardi, ex manager della Asl nuorese e ginecologo, si ripropone per la seconda volta con la lista “Democrazia e partecipazione”. Convinto con un nuovo mandato di poter dare continuità alle azioni amministrative intraprese. Contro di lui Maria Luisa Muzzu, dermatologa, candidata con una lista civica che ha unito diverse forze politiche cittadine, tra le quali quelle rappresentate dall’opposizione in consiglio comunale da Giuseppe Ledda (ex Pd), Peppino Pirisi (Pd) e Riccardo Uda, con inoltre, l’appoggio del gruppo locale di Fdi; secondo sfidante Maurizio Cossu, pasticcere che correrà con il Movimento 5 stelle. Una sfida a tre dopo il ritiro di Gina Falchi che non è riuscita a chiudere la lista. E se da una parte Succu vorrebbe segnare una linea di continuità politico-amministrativa con il percorso avviato dal 2013, la Muzzu e Cossu, per la prima volta in politica, si presentano in un’ottica di ricambio.

«La situazione è molto grave – dice Pinuccio Meloni, del direttivo della Confesercenti provinciale – Negli ultimi 15 anni abbiamo assistito al decadimento dell’economia locale con le aziende che diminuivano drasticamente le commesse per poi chiudere i battenti. E le amministrazioni che si sono succedute, hanno cercato di parare i colpi cercando di trovare soluzioni a un’emorragia inarrestabile, dettata da una globalizzazione che si è portata via fette di mercato importanti».

Certo è che Macomer rappresenta una vera e propria sfida dove potersi mettere in gioco per riuscire a far ripartire sviluppo e occupazione, e cancellare quel degrado causato dal declino dei due settori portanti dell’economia, il tessile e l’industria che ora non ci sono più. Le Ferrovie dello Stato che avevano qui uno degli scali merci più importanti della Sardegna, da circa un decennio sono ferme, e le Ferrovie Complementari, ora Arst, erano una delle più importanti risorse occupazionali del centro Sardegna. La scommessa per tutti è tentare di far cambiare pelle a una città e a un intero territorio che arrancano. E se al sindaco uscente va dato il merito di aver pagato tutti i debiti del Comune, ereditati da oltre venti anni di cause, sempre a lui va anche attribuito l’aumento del gettito tributario che in questi cinque anni ha destato un certo malcontento. «Indubbio l’attivismo della classe politica – aggiunge Meloni – anche se, negli ultimi tempi, forse avrebbe dovuto interessare di più i cittadini che sentono l’amministrazione lontana dai propri bisogni. La gente ha necessità di sentirsi coinvolta e di dare il proprio contributo. Fossi stato nei panni del sindaco, in alcuni momenti avrei, letteralmente trascinato il popolo davanti al palazzo della Regione per portare avanti battaglie sacrosante come quella per salvare la vecchia Pretura o della Tenenza di finanza. Non solo – continua il rappresentante degli imprenditori – anche il tema dell’inceneritore l’avrei affrontato chiedendo il loro parere. Invece, a volte, si è avuta l’impressione che le decisioni siano state calate dall’alto».

Macomer che vanta una posizione strategica invidiabile, un tempo punto di forza per la sua economia, ora è segnata da un sistema che va a rilento e da un calo demografico che negli ultimi decenni ha avuto un’accelerazione spaventosa, facendo scendere i dati della popolazione al di sotto di 10mila abitanti. Fino a poco più di dieci anni fa la cittadina era il secondo centro della provincia di Nuoro per numero di abitanti; poi è stata superata da Siniscola e da Tortolì che ne contano più di 11mila. Un decremento dovuto a una grave denatalità e all’invecchiamento continuo della popolazione, con i giovani che scappano e cercano altrove un futuro. «Lo spopolamento nasce dal fatto che la gente è distratta da Facebook e da Amazon – conclude Meloni – Il Corso prima era pieno di gente mentre ora è vuoto e con le serrande dei negozi desolatamente abbassate. Servirebbe una maggiore cura del verde e la valorizzazione dei siti archeologici. La nostra città ha bisogno di cultura e deve puntare sull’agroalimentare».

Insomma, l’impressione è che nel capoluogo del Marghine, finora non si sia riusciti a raggiungere quella quantità critica capace di innescare il cambiamento sociale. La ricetta sembra essere nelle mani di tutti ma, finora, i risultati sono altri. «Il problema del lavoro qui non è cambiato – dice Jose Mattana, leader sindacale dei tessili – ma non spetta certo a una giunta comunale dare le risposte a tutti i problemi di un territorio. In questi anni mi è sembrato di capire che Succu e la sua squadra abbiano operato bene anche se, riuscire a dare la svolta a una crisi infinita, è difficilissimo. La Legler, la Queen, erano il fiore all’occhiello dell’economia isolana e dopo la loro chiusura qui si è creato il deserto. Credo che neppure la messa all’asta di quei capannoni abbiano portato occupazione. Ogni giorno continuo ad assistere alla lunga processione degli ex operai che, quasi 50enni, dopo aver vissuto i tempi d’oro dell’industria, chiedono disperatamente un lavoro. I Comuni attuano per loro i cantieri verdi – aggiunge Mattana – ma penso che per dare nuove opportunità a questa gente, oltre ai capitali privali, occorra puntare ai soldi pubblici. Bisogna attirare nuovi imprenditori, creando le situazioni ideali perché possano essere competitivi col mercato. Solo allora l’economia potrà rimettersi in moto. Solo allora Macomer potrà riprendere a vivere».

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