La Nuova Sardegna

Spiagge sarde, allarme erosione: 79 su 271 sotto osservazione

Spiagge sarde, allarme erosione: 79 su 271 sotto osservazione

La situazione è particolarmente critica per 19 litorali, quasi tutti sulla costa ovest. I maggiori danni sono causati dalla eccessiva presenza e dall’azione dell’uomo

18 maggio 2018
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CAGLIARI . Se oltre a quello di Stintino anche altri sindaci vietassero gli asciugamani «mangia sabbia», le coste della Sardegna starebbero sicuramente meglio. Se poi in giro ci fossero meno turisti che saccheggiano le spiagge, sarebbe perfetto. Infine da parte di tutti ci vorrebbe sopratutto più rispetto per l’ambiente- Perché a scatenare l’erosione, il grande pericolo, non sono solo le mareggiate o i cambiamenti climatici, è l’uomo. Con questi allarmi, lanciati da Mario Deriu, referente in Sardegna del progetto mediterraneo «Maregot», è partito il seminario transnazionale su «conoscere, approfondire e condividere la prevenzione del rischio erosione». In Sardegna sono 79 su 271 censite le spiagge sabbiose sotto osservazione e per 19 di queste, in gran parte nel versante Ovest per un’estensione complessiva di 84 chilometri, la situazione è critica. Fatti un po’ di calcoli, il 14,5 per cento del perimetro della Sardegna è quindi marchiato con il bollino rosso: un domani potrebbero scomparire. Però nel complesso l«e nostre coste stanno molto meglio – ha detto Deriu – di quelle dell’Emilia Romagna e della Toscana, in cui invece il mare continua ad avanzare stagione dopo stagione». L’isola che ha la più grande estensione di coste del Mediterraneo, 2.700 chilometri comprese La Maddalena e Carloforte, in Europa è considerata all’avanguardia nella difesa dei litorali. Dal 204, con 18,4 milioni, la Regione ha finanziato diversi progetti di manutenzione ordinaria e straordinaria. Da Trinità d’Agultu a Badesi, dalla Marina di Sorso alla Pelosa, poi Alghero, Bosa e Tresnuraghes e Cuglieri. Scendendo ancora più a Sud, a Cabras, Arbus, nel Sulcis fino a quelle di Villasimius e del Golfo degli angeli. Sul versante Est, dove la costa è più rocciosa, i cantieri sono stati aperti ad Arzachena, Palau, Baunei, Dorgali e Cardedu. «Abbiamo la situazione sotto controllo – è stato detto dalla Regione durante il convegno – e gli interventi effettuati fino a oggi sono stati tutti importanti». Ad esempio a Badesi sono stati spostati i parcheggi comunali per dare più respiro alla spiaggia. Oppure a Bosa è stata ripulita la foce del Temo e un po’ dovunque sono state sistemate delle barriere per proteggere le dune dalle mareggiate e dal vento. L’assessora all’Ambiente, Donatella Spano, lo ha detto in apertura: «La nostra attenzione sulle coste è massima anche dal punto di vista idrogeologico. Abbiamo a disposizione un piano dettagliato e sappiamo sempre dove intervenire». La mappa conferma che la costa rocciosa in Sardegna ha uno sviluppo di 1.500 chilometri, il 68 per cento del totale. Sono stati censiti anche 314 tratti franosi, per una lunghezza complessiva di 802 chilometri. La costa sabbiosa invece ha un’estensione intorno ai 582 chilometri, il 26 per cento del totale, mentre l’artificiale fra porti e altre opere non supera i 130 chilometri. «Abbiamo monitorato – ha spiegato Deriu, che rappresenta la Sardegna nell’Osservatorio sull’ecosistema costiero – anche le aree in cui è più alta la presenza dell’uomo. Residenze e villaggi turistici sul mare rappresentano è ovvio un rischio maggiore e non solo sotto l’aspetto ambientale». Finora il progetto «Maregot» ha analizzato con attenzione questi sei fattori di rischio: moto ondoso, coste alte e basse, stabilità delle falesie, presenza o meno della posidonia, incidenza delle strutture portuali e tutela degli habitat. «È stato uno screening fondamentale – ha sottolineato l’assessora – non solo per difendere le coste dall’erosione, ma soprattutto abbiamo oggi anche gli elementi necessari quando dobbiamo dire se ci può o non deve esserci uno sviluppo in un determinato luogo». Alla fine del seminario, la Sardegna ha firmato la «Carta di Bologna». Cos’è? È un documento che rafforza il ruolo delle Regioni mediterranee nelle politiche europee costiere e marittime, per «stimolare il massimo della collaborazione in difesa della ricchezza più grande: l’ambiente». (ua)

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