La Nuova Sardegna

Il pm: «Non è una vittima condannate Diana a 8 anni»

di Mauro Lissia
Il pm: «Non è una vittima condannate Diana a 8 anni»

Bocciata la tesi della truffa ordita contro l’ex An dai colleghi del Pdl

19 maggio 2018
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CAGLIARI. «Mario Diana si è difeso dichiarandosi vittima di una colossale truffa, ordita nei suoi confronti dai colleghi del gruppo Pdl in consiglio regionale. Se fosse vero si tratterebbe di qualcosa di più grave, una circonvenzione di incapace. Ma non pare proprio che ad osservare il suo comportamento processuale, siamo di fronte a un incapace»: parole del pubblico ministero Marco Cocco, che a conclusione di une requisitoria di quaranta minuti, davanti al tribunale presieduto da Giuseppe Pintori, ha chiesto per l’ex presidente del centrodestra regionale la condanna record a otto anni di carcere, la pena più alta nella storia ormai già lunga dei procedimenti penali per l’uso illegale dei fondi ai gruppi. Per Cocco l’ex esponente di An - colpevole di concorso in peculato continuato - non merita le attenuanti generiche («nessuna iniziativa - ha spiegato il pm - per risarcire il danno arrecato al consiglio regionale») ma tutte le pene accessorie, compresa l’interdizione dai pubblici uffici. A inchiodarlo alle sue responsabilità ci sono prove documentali e un comportamento processuale non privo di punti interrogativi. Come quello legato alla scelta di «esporre la propria linea difensiva solo quattro anni dopo la perquisizione della sua abitazione di Oristano e l’arresto, avvenuto il 6 novembre del 2013». Il pm ha affidato a un testo scritto la ricostruzione analitica dei fatti e dei relativi capi d’imputazione, con valutazioni in diritto analoghe a quelle che segnano la sequenza di procedimenti in cui sono coinvolti finora 83 fra consiglieri ed ex consiglieri regionali. A carico di Diana pendono gli ormai famosi libri storici, 41 mila euro spesi sul conto del gruppo regionale Pdl con tanto di destinazione post mortem ai tre figli. Le ancor più famose 31 penne Montblanc, prezzo complessivo 13 mila euro, gentili cadeaux da offrire per Natale ai colleghi del centrodestra. Poi - ma sono solo esempi - una cena al ristorante cagliaritano lo Spiedo Sardo, conto finale duemila euro, organizzata di domenica. E i generosi via libera ai colleghi di gruppo, come quello che consentì a Carlo Sanjust di pagare coi fondi del gruppo il proprio banchetto di nozze. Oppure i convegni sull’obesità organizzati da Sisinnio Piras con grande dispendio di maialetti.

Per Mario Diana, tra marzo 2009 e giugno 2012 presidente del Pdl in consiglio regionale, il conto giudiziario è arrivato dopo quasi cinque anni di processo nato, ironia della sorte, con la formula del giudizio immediato. Conto salato, sul quale sembra aver pesato l’atteggiamento di Diana nelle fasi calde dell’indagine: «L’onorevole Diana ha definito solerti i funzionari di polizia giudiziaria che a suo tempo hanno perquisito la sua casa - ha ricordato Cocco - e certo, abituato com’è ad essere circondato di truffatori, dev’essere rimasto turbato nel vedere all’opera persone perbene, devono essergli sembrati alieni, che pagano un pranzo coi propri soldi e non con quelli pubblici».

Di segno opposto l’arringa difensiva dell’avvocato Pierluigi Concas. Il legale ha fatto riferimento al testo che regolava le spese dei gruppi politici regionali, dove «l’obbligo di rendicontare non solo non è previsto ma è esplicitamente escluso». Per l’avvocato Concas non si possono distinguere le spese del gruppo da quelle del singolo consigliere: citando l’ormai nota sentenza Fiorito Concas ha sostenuto che «l’attività del singolo consigliere è l’attività del gruppo» e che «è stata la Corte Costituzionale a stabilire che non si possono sindacare le spese dei consiglieri». Ma a parte l’episodio dei libri («l’imputato l’ha ammesso») come si fa - ha chiesto il difensore - a dimostrare «il concorso di Diana con le spese degli altri consiglieri?». Per Concas dunque è valida la tesi della truffa, di un Diana nelle vesti di vittima perché «manca del tutto l’elemento soggettivo», la consapevolezza di partecipare a condotte illegali di cui altri sono responsabili. La discussione andrà avanti il 22 giugno con l’avvocato Massimo Delogu. Poi la sentenza.

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