La Nuova Sardegna

L’irrigazione sostenibile rende il riso più sano

Con la tecnica per aspersione, minore concentrazione di arsenico e cadmio Lo rivela uno studio dell’università di Sassari pubblicato su una rivista scientifica 

20 maggio 2018
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SASSARI. Studiano una nuova tecnica che permetta di risparmiare l’acqua nell’irrigazione le coltivazioni di riso e scoprono che non solo è valida, ma rende il prodotto più sano. Uno studio dell'Università di Sassari prospetta nuove possibili tecniche di coltivazione del riso con risultati promettenti su diversi fronti. Un gruppo di ricerca capitanato da Antonino Spanu e Gavino Sanna, rispettivamente già professore ordinario di agronomia e coltivazioni erbacee e professore associato di chimica analitica dell'università di Sassari, ha pubblicato un articolo sulla rivista Science of the Total Environment, in cui documenta come l'innovativa irrigazione per “aspersione”, al posto di quella classica per “sommersione continua”, sia in grado di ridurre mediamente del 20% la concentrazione di cadmio. E nello stesso tempo abbatta sia il consumo di acqua irrigua che l’emissione di gas serra.

L’assunzione di cadmio è considerata sempre dannosa per la salute, tanto che l’European food safety authority (Efsa) ha fissato in 2,5 microgrammi per chilo corporeo il limite massimo tollerabile settimanalmente dall'organismo umano. Il problema è che in molti Paesi il riso costituisce, di fatto, l'unico apporto calorico significativo per la popolazione. Ecco quindi che diminuirne i livelli di tossicità rappresenta un obiettivo di prioritaria importanza, dato che il cadmio è presente. A preoccupare è soprattutto la situazione del Giappone dove, stando ai dati forniti dal locale ministero dell'agricoltura, la quantità ingerita è quasi doppia.

Cominciata circa 10 anni fa, la ricerca in realtà affonda le radici nei primi anni '80, dall’esigenza di abbattere i consumi d’acqua nell’irrigazione del riso. Spanu decise di mettere a punto nuovi metodi che garantissero le stesse produzioni ottenibili con l’irrigazione tradizionale. Lo studio, ideato e realizzato completamente nella nostra isola, diede risultati eccellenti: «Se con l’irrigazione tradizionale sono necessari circa 20 mila metri cubi d’acqua per un ettaro di riso (media mondiale), con l'irrigazione per aspersione ne bastano 8mila» afferma Spanu.

E proprio studiando le tecniche di irrigazione sostenibile si scoprì che quella per aspersione era in grado di dare altri benefici. «Presupposto della ricerca sul cadmio sono gli importanti risultati che abbiamo a suo tempo ottenuto nella riduzione del bioaccumulo di arsenico nel riso, pubblicati nel 2012 dalla rivista Environmental Science & Technology dell’American Chemical Society – spiegano Spanu e Sanna – Evidenziammo che la tecnica per aspersione ha consentito di ridurre del 98% la concentrazione di arsenico». Più di recente si passò a esaminare il cadmio. «E ora continueremo valutando il comportamento di altri elementi come piombo e mercurio».

Ma attenzione: sebbene l’acqua erogata per aspersione cada “a pioggia” sulla coltura, non tutti i metodi d’irrigazione a pioggia sono irrigazioni per aspersione. «L’apporto idrico è rigorosamente determinato sulla base delle condizioni meteoclimatiche e dello stadio vegetativo della pianta – chiarisce Spanu – . È possibile, tuttavia, per i non addetti ai lavori, commettere errori nell’applicazione del metodo, che possono portare a risultati addirittura opposti nella bioconcentrazione di elementi tossici nel riso.Un’ampia parte del recente studio spiega come evitare questi errori». Le sperimentazioni agronomiche sono state realizzate in strutture dell’ateneo di Sassari: i campi didattico-sperimentali “M. Deidda” ad Ottava (Sassari) e “Santa Lucia” a Zeddiani (Oristano). Il gruppo di ricerca è costituito anche da Massimiliano Valente, Ilaria Langasco, Francesco Barracu, oltre che da Anna Maria Orlandoni, di Matrica, azienda che ha offerto supporto strumentale per parte delle analisi. (a.palm.)



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