La Nuova Sardegna

Scuole sarde a rischio chiusura, Giuseppe Dessena: lo Stato si muova

Silvia Sanna
Gli alunni della prima media di Ruinas: sono appena 8
Gli alunni della prima media di Ruinas: sono appena 8

L'assessore regionale alla Pubblica istruzione: «Battaglia per rivedere i parametri su alunni e istituti»

21 maggio 2018
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SASSARI. Si viaggia alla media di 2500 studenti in meno all'anno, con un calo massiccio soprattutto nella fascia 3-6 anni, quella della scuola dell'infanzia e della primaria. E la legge dei numeri è chiarissima: meno alunni significa tagli di classi, chiusura di istituti e accorpamenti. Questo dicono le regole del Ministero, che stabiliscono i parametri da applicare sull'intero territorio nazionale. Per esempio: un'autonomia scolastica resta tale se accoglie almeno 600 studenti, che diventano 400 nelle zone montane o disagiate. La deroga non basta per evitare che in Sardegna, dove l'indice di natalità è ai minimi storici (1,07 figli per coppia) chiudano altre scuole.

«Per fare in modo che non accada - dice l'assessore regionale alla Pubblica istruzione Giuseppe Dessena - occorre stabilire diversi parametri, calibrati sulla base della situazione territoriale, che accomuna la Sardegna alle altre regioni del Sud Italia. Per questo è stata avviata una battaglia unitaria».

In cantiere c'è la legge regionale sull'istruzione, ma non solo: «È fondamentale l'intervento dello Stato, che sulla scuola non deve essere deresponsabilizzato né per quanto riguarda gli investimenti né sulle strategie per garantire standard di istruzione».

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Assessore, un disegno di legge regionale sulla scuola esiste già dal 2006. Si riparte da lì per stabilire le nuove regole?
«Quel testo risale al 2006, prima delle norme sulla spending review che hanno stabilito i numeri alla base degli attuali parametri ministeriali. Stiamo comunque lavorando alla costruzione di una legge sull'istruzione attraverso un tavolo di confronto allargato alle parti sociali, l'Anci, l'Università, l'ufficio scolastico regionale e i rappresentanti di studenti e dirigenti».

Quale è l'obiettivo?
«I parametri ministeriali sono rigidi, noi insieme ad altre regioni del Sud stiamo provando a scardinarli. La pressione è forte. Per questo è fondamentale che il prossimo Governo preveda in Finanziaria una quota maggiore di investimenti a favore della scuola».

Significa che la Sardegna non ha autonomia decisionale ma tutto dipende dalle aperture del Governo?
«In teoria la Regione potrebbe stabilire nuovi parametri, ma dovrebbe farsi carico di tutti i costi aggiuntivi che non verrebbero più coperti dai finanziamenti statali. E questo potrebbe rivelarsi molto rischioso».

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Perché?
«Lo Stato non può essere deresponsabilizzato. Ha il dovere di occuparsi dell'istruzione, di garantire strutture e formazione adeguate. L'impegno sinora è stato scarso, come dimostra il fatto che i progetti Iscol@ e Tutti a iscol@ sono interamente a carico della Regione. La Sardegna, con circa 500 milioni di euro, è al momento prima in Italia per investimenti sull'istruzione. Ma è impensabile, oltre che profondamente ingiusto, che si faccia carico anche dei costi aggiuntivi derivanti da un piano di dimensionamento scolastico extra parametri ministeriali».

Quale è allora la strada migliore da seguire per evitare la chiusura di istituti, soprattutto nei piccoli paesi dell'interno?
«I parametri devono essere flessibili. Il Ministero dovrebbe modificarli sulla base delle diverse esigenze. Perché è chiaro che la situazione della Sardegna è diversa da quella della Lombardia o del Veneto. È necessario stabilire nuovi limiti numerici: nel nostro caso, per quanto riguarda le zone interne un'autonomia scolastica di 200 alunni sarebbe un buon compromesso».

Tra pochi mesi inizierà il nuovo anno scolastico con 2601 alunni in meno. Ci saranno tagli di istituti o di classi?
«Ancora non è possibile saperlo, perché non sono stati comunicati gli organici di fatto. Un anno fa il calo della popolazione studentesca era stato più o meno analogo ma siamo riusciti a evitare ridimensionamenti. Ma gli interventi non possono essere rimandati».

Le risposte dal Ministero per quando sono attese?
«È difficile fare previsioni, ma è chiaro che il prossimo governo dovrebbe fare un investimento serio in tempi rapidi. E le Regioni che stanno spendendo tanto come noi per combattere la dispersione scolastica e per migliorare la didattica dovrebbero ricevere delle premialità».

Che farà la Regione in assenza di risposte?
«La situazione scuole-spopolamento è monitorata di continuo. Se non riceveremo dal Governo l'attenzione dovuta si farà a stretto giro di posta un altro ragionamento. La Regione andrà avanti da sola».

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