La Nuova Sardegna

Truffa con l’energia fotovoltaica: sei indagati

di Mauro Lissia
Truffa con l’energia fotovoltaica: sei indagati

Sequestrati terreni e impianti a Santadi e San Giovanni Suergiu, incentivi statali illegali per 16 milioni

25 maggio 2018
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CAGLIARI. Due aziende agricole, una a Santadi e l’altra a San Giovanni Suergiu: dovevano produrre aloe, un prodotto quotatissimo sul mercato, e alcune qualità di ortaggi. Ma la realtà, stando alle accuse, è un’altra: il business delle società Enervitabio uno e due era legato all’energia elettrica prodotta con gli impianti fotovoltaici realizzati a supporto di un’attività agricola ridotta al minimo indispensabile. Grazie a quella, le due società avrebbero incassato qualcosa come 16 milioni di euro in incentivi statali, mettendo a segno quella che il pm Daniele Caria e il gip Giuseppe Pintori qualificano come una truffa aggravata di notevoli proporzioni.

Fino a questo momento gli indagati sono sei, tra ieri e oggi il Nucleo investigativo del Corpo Forestale al comando del commissario Ugo Calledda e la Guardia di Finanza hanno messo sotto sequestro su ordine del giudice Pintori i due parchi fotovoltaici al centro dell’inchiesta giudiziaria, fabbricati e terreni per circa 18 ettari nel Sulcis e in Emilia Romagna, 280 fra conti correnti bancari, cassette di sicurezza e quote societarie per un valore equivalente all’ammontare della presunta truffa. Un’operazione a largo raggio che nel tardo pomeriggio di ieri era ancora in corso.

Gli indagati sono gli imprenditori Valerio Veltroni (69 anni) di Roma, fratello dell’ex segretario Pd e ministro Walter - del tutto estraneo alla vicenda - e Paolo Magnani (61) di Ravenna, difesi da Guido Manca Bitti e Nicola Floris. Con loro devono rispondere di concorso in truffa e lottizzazione abusiva i quattro professionisti sardi Efisio Muntoni (58) di Villacidro, Giovanbattista Masia (52) di San Giovanni Suergiu, Paolo Franco Balia (64) di Sant’Antioco e Roberto Bachis (54) di Carbonia. La Procura aveva chiesto al gip i provvedimenti di sequestro ipotizzando anche l’imputazione molto più grave di associazione a delinquere, ma il giudice Pintori non ha ritenuto che almeno in questa fase dell’indagine sussistesse.

La vicenda è speculare a quella della Twelve Energy di Villasor, conclusa con la condanna in primo grado dei protagonisti, dove un’azienda agricola doveva produrre rose ma traeva i profitti dall’energia elettrica. Il meccanismo, stando alle accuse, è semplice: si mette in piedi un’azienda agricola appoggiata a un impianto a energia rinnovabile. La legge stabilisce che gli incentivi milionari alla produzione di energia pulita scattino a condizione che il 51% del prodotto sia agricolo. Nel caso delle due società di Santadi e San Giovanni Suergiu, titolari delle aziende di Montixeddu e di Marcu Pinna, l’aloe e gli ortaggi coltivati per la vendita - pomodorini Camona, asparagi, insalata belga e rucola - non avrebbero superato il 10% della produzione complessiva. Come dire che il vero affare non era l’aloe e il resto, ma era legato chiaramente agli incentivi che lo Stato assegnava all’Enervitabio attraverso il Gse (Gestore servizi energetici), milioni di euro destinati a favorire la produzione di energia da fonti rinnovabili. In altre parole: i pannelli fotovoltaici non dovevano servire tanto a garantire le esigenze delle coltivazioni, ma quelle del bilancio aziendale. Fra le contestazioni di cui i professionisti indagati dovranno rispondere anche quella di aver attribuito alle due società coinvolte la qualificazione giuridica di azienda agricola, che implica forme di tassazione agevolata.

«Stiamo analizzando tutta la documentazione ma fin da ora contestiamo tutte le accuse che vengono mosse - ha detto all’Ansa l'avvocato Guido Manca Bitti - sono stati eseguiti ripetuti controlli due anni fa e non ci era stata segnalata alcuna irregolarità. Vorremmo capire come mai non sia stata fermata prima l'attività».

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